di Gianluca Albanese (Foto e Video di Enzo Lacopo)
SIDERNO – Dunque, i sindaci della Locride saranno a Roma dal 3 al 5 maggio per manifestare davanti a palazzo Chigi, tentando di portare all’attenzione del Governo nazionale le emergenze della Locride, prima tra tutte quella della sanità. La manifestazione già preannunciata nel corso di una conferenza stampa convocata d’urgenza lo scorso 23 dicembre nel tardo pomeriggio e tenutasi nella mattinata della vigilia di Natale, viene fissata per i primi di maggio.
Ci asteniamo da ogni commento, lasciando che siano le immagini dell’assemblea di ieri, riprese dal nostro Enzo Lacopo, a offrire il quadro degli interventi che si sono registrati.
Una sola riflessione, però, va fatta: quando dei rappresentanti eletti dal popolo, e che indossano la fascia tricolore, non hanno altra proposta che una manifestazione, beh, siamo quasi alla frutta.
Con una sanità calabrese commissariata e con l’implicito disconoscimento di tutti i corpi intermedi (primo tra tutti l’Anci) e delle articolazioni territoriali del Governo, i sindaci locridei marceranno su Roma, correndo il rischio di ottenere, al massimo, una breve ospitata nella tribuna caciarona di Del Debbio e nell’arena sguaiata di Giletti. Tutto qui? Sembra di sì.
Eppure, gli stessi sindaci furono ricevuti, nel mese di dicembre, dal viceministro dell’Interno Bubbico, posarono sorridenti e col vestito nuovo fuori dal Viminale; il presidente della loro assemblea, Giorgio Imperitura, è stato audito, venerdì scorso a Locri, dalla Commissione parlamentare antimafia, la cui trasferta calabrese, ieri sera, è stata definita da qualcuno “una inutile passerella”. Lo stesso presidente della Regione, pochi giorni fa, ricevette i nostri primi cittadini nella Cittadella Regionale promettendo un impegno particolare per il nostro comprensorio.
Insomma, qualche segnale di attenzione c’è stato, tale da indurre a non organizzare questa “gita” romana di inizio maggio.
Il rischio, infatti, è quello di svilire il ruolo delle istituzioni democratiche sovracomunali, e far passare il messaggio che tutto ciò che è istituzione democratica sia inutile, evanescente, lontano. Meglio marciare su Roma, secondo i nostri sindaci, che ancora s’interrogano sul perché tra qualche settimana il loro territorio verrà inglobato nella Città Metropolitana invece di stringere accordi per eleggere rappresentanti di questo comprensorio nel consiglio metropolitano che verrà; meglio fare “bordello” davanti alle telecamere che mediare nelle sedi istituzionali preposte. E’ la tentazione “cicciofranchista” di certa classe dirigente che emerge in queste occasioni, anche per mascherare le proprie inefficienze e fare passare il messaggio che i sindaci siano gli unici ad avere a cuore le sorti di questa terra. Il punto è che ai tempi dei moti di Reggio, Ciccio Franco non faceva il sindaco, faceva il sindacalista e, con buone sponde in certi “ambientini”, aveva tutto l’interesse e la capacità di mobilitare le masse. L’incombenza di amministrare la città gravava su altri.
Eppure, di tutto avrebbe bisogno questa terra, tranne che trasformarsi in un fenomeno da baraccone. Questa Locride ha, piuttosto, bisogno di normalità. E normalità significa, ad esempio, non avere amministratori di comuni sull’orlo del dissesto e indebitati fino al collo che cercano “armi di distrazione di massa” dai problemi reali; significa che quando un sindaco si vede sciogliere il consiglio comunale per infiltrazioni mafiose, e prima il Tar del Lazio e poi il Consiglio di Stato confermano le ragioni e la validità del decreto di scioglimento, lo stesso primo cittadino abbia il buongusto di non ricandidarsi, piuttosto che rimanere al proprio posto dopo la sentenza del massimo grado della Giustizia Amministrativa. Giusto per citare due esempi.
Normalità, insomma, è quella di un sindaco che amministra, e che non pensa a manifestare a piazza Colonna in un periodo di alta stagione. Ma da queste parti, come cantava il compianto Dalla “L’impresa eccezionale è essere normale”.
Il Video con gli interventi conclusivi dell’incontro