di Pasquale Vozzo (foto fonte ANSA)
Sapore di Sigonella. La notizia è la liberazione di Cecilia Sala. L’arresto della giornalista, risale al 19 dicembre ed è stato spesso collegato ad un altro arresto quello dell’ingegnere iraniano Abedini, fermato a Malpensa qualche giorno prima per via di un mandato di cattura internazionale spiccato dalle autorità giudiziaria degli USA. Mentre scriviamo, la giornalista è a casa sua a Roma. Sul volo che l’ha riportata in Italia è stata accompagnata dal capo dell’AISE generale e prefetto Giovanni Caravelli.
In questi giorni congetture e dietrologie si sono sprecate per non parlare delle critiche ostili che hanno accompagnato il viaggio di Giorgia Meloni per incontrare il presidente eletto Trump a Mar a Lago in Florida.
Altro fragore mediatico collegato alla gestione dell’affare Sala le dimissioni della direttrice del DIS Elisabetta Belloni a cui sono seguite funeste dichiarazioni di un ex premier. Tuttavia i nostri servizi, e la presenza di Caravelli sul Falcon di Cecilia Sala è eloquente, hanno dimostrato ancora una volta la loro efficace incisività. Un gioco di squadra si dice, vero. Ma la centralità della nostra intelligence guidata da un Governo politicamente capace e determinato è incontestabile. Non possiamo conoscere e non conosceremo mai i canali utilizzati da certi apparati dello stato e man mano che passano le ore e qualcosa trapela si consolida la tesi di un servizio informazioni davvero efficiente.
Ricordiamo la liberazione di Giuliana Sgrena. Era in auto con Nicola Calipari agente del SISMI deceduto in quell’operazione, nota amara di un altro successo dei servizi. Pensate uno stato come il nostro, che in teatri di guerra e scenari ostili, riesce sempre e comunque a recuperare rapporti ed intessere relazioni utili con attori autoctoni di cultura e religione diverse per raggiungere sempre il risultato. Perché l’italia applica perentoriamente un motto <<leaving no one behind>> o forse sarebbe meglio il più efficace <<non abbandonare nessuno>> Ma la riflessione se pur breve è un’altra. Perché questo accade. Semplice. Se dovessimo recuperare negli archivi dei nostri servizi informazioni su quante operazioni sono state condotte attraverso l’esercizio della triangolazione, cioè il coinvolgimento di più apparati stranieri per ottimizzare l’interlocuzione utile e facilitare il negoziato con la diretta controparte ci perderemmo come frate Guglielmo di Baskerville nel labirinto della famosa biblioteca del Nome della Rosa.
Ma questo successo rimane mal digerito da certa informazione che continua a martellare sulla “contropartita” cioè sul prezzo politico che Meloni ha dovuto pagare per riportare Cecilia Sala a casa. Ma è tutta informazione intossicata. Tutti sanno o fingono di non sapere che tutti i giorni, a tutte le ore, in tutte le latitudini e longitudini del globo, si celebrano le liturgie più bieche ed oscure nella conduzione di trattative dove nessuno conosce le contropartite. Quale fù il prezzo per la resa dei terroristi che si impadronirono dell’Achille Lauro? Quale fu il prezzo che pagò l’Italia e quale il vantaggio ne ricavò per informare Gheddafi che gli americani stavano per intercettare il suo volo ed abbatterlo? Quale fu il prezzo che lo stesso Craxi pagò personalmente per aver fatto scappare Abu Abbas? Quale conto aveva in sospeso Nicolò Pollari con gli americani per l’esfiltrazione dell’imam Abu Omar? Troppo complicato lo spy game per le risibili speculazioni di taluni giornalisti.
La capacità di interlocuzione di Giorgia Meloni con l’amministrazione americana uscente e quella subentrante per gestire la delicata trattativa che coinvolgeva direttamente Abedini e Cecilia Sala è solo un capolavoro di diplomazia politica e c’è poco da criticare perché in fondo quando ti siedi ad un tavolo per negoziare, per essere riconosciuto tale dalla tua controparte devi avere qualcosa da offrire altrimenti al tavolo non ti ci fanno neanche accomodare.