di Patrizia Massara Di Nallo (foto fonte Wikipedia)
Veniamo di continuo bersagliati dalla pubblicità delle macchine elettriche e dal messaggio subliminale che le accompagna, quello del minore inquinamento sia acustico sia atmosferico a fronte, però, di un maggiore dispendio in termini economici riguardo all’acquisto dell’autoveicolo e la pecca, non da poco, della scarsa autonomia di movimento e dei consumi inversamente proporzionali alla temperatura ambientale. E tutto il carosello mediatico aleggia sopra le nostre teste, novella spada di Damocle, riuscendo a farci sentire quasi dei traditori della patria, anzi peggio, dell’intero globo terracqueo per continuare imperterriti, sicuramente la maggioranza, a non cambiare le nostre “obsolete” macchine. Allora ci domandiamo se, qualora fosse rivoluzionato l’intero parco macchine dei paesi industrializzati, si riuscirebbe, almeno in parte, ad arginare i danni causati all’ecosistema dalle altre principali fonti inquinanti quali le attività industriali, gli impianti per la produzione di energia e gli impianti di riscaldamento.
La produzione energetica, il cui fine ha sempre giustificato i mezzi, ha trovato supporto nell’illusione del genere umano che la natura non si sarebbe ribellata ad un insensato e logorante scempio dell’ambiente naturalmente in nome e per conto degli imperanti parametri economici. Un tempo veniva utilizzato il fuoco da legna o per cuocere e riscaldarsi, poi la forza dell’acqua e del vento per muovere le macine ed imbarcazioni, in seguito il carbone nella prima industrializzazione e infine il petrolio all’inizio del Novecento. E ancora oggi, purtroppo, tutta l’economia mondiale ruota intorno all’oro nero necessitando ai Paesi un costante approvvigionamento dello stesso senza il quale le produzioni industriali subirebbero un brusco arresto. All’inizio l’estrazione e la commercializzazione era affidata alle cosiddette Sette sorelle (le Compagnie petrolifere dell’Occidente) e in seguito, a partire dagli anni Settanta, ai paesi che hanno dato vita all’OPEC (Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio).
Nei decenni scorsi, infatti, abbiamo assistito allo scoppio di numerose guerre che avevano, quale causa scatenante, l’approvvigionamento energetico e il controllo politico ed economico di territori ricchi di petrolio ( basti pensare alla guerra del golfo del 1991). Il Medio Oriente è diventato, così e sempre più, una delle aree a maggior rischio d’insorgenza di guerre al mondo sopratutto per l’importanza che il petrolio riveste sia per i paesi industrialmente emergenti, come Cina e India, oltre che per i Paesi già industrializzati e impegnati, come i polli di Renzo, a beccarsi a vicenda e a non cooperare. E pensare che è ormai acclarato che le riserve di petrolio e di gas naturale non sono inesauribili e lo sfruttamento di queste fonti mette a rischio la stessa esistenza dell’Uomo e del nostro Pianeta. In un circolo vizioso, che non rinuncia a nulla mettendo al primo posto le sempre più energivore comodità della vita moderna, la questione ambientale è strettamente connessa a quella degli approvvigionamenti energetici indispensabili per la continuità dell’economia industrializzata. A sua volta la sopravvivenza della vita sulla Terra dipende dall’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili come l’energia idroelettrica (ricavabile dalla forza meccanica di una massa d’acqua che fa girare un generatore di corrente), l’energia geotermica (ricavabile dal vapore che emerge in superficie nelle zone vulcaniche), l’energia solare (ricavata dal calore dei raggi del sole) e l’energia eolica (ricavata dalla forza del vento), anche se i costi per lo sfruttamento di tali fonti energetiche rimangono molto elevati.
L’Enea (Ente nazionale per l’energia alternativa) che è l’agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, ha proposto alcune soluzioni: energia ricavata dalla combustione pulita del carbone, mediante separazione di idrogeno e anidride carbonica oppure un’energia ottenuta dalla concentrazione della luce solare per mezzo di un impianto di specchi parabolici, soluzioni ambedue, purtroppo, di difficile attuazione. Trasformare, infatti, il carbone da fossile in combustibile porterebbe un aumento del rilascio di anidride carbonica nell’aria e, d’altro canto, l’energia solare è strettamente connessa alle non sempre stabili condizioni atmosferiche. Il reperimento di alternative fonti di energia, quindi, è diventato centrale nella prospettiva di uno sviluppo economico compatibile con gli equilibri ambientali e, come afferma la maggior parte degli scienziati, il petrolio del domani è proprio l’elemento oggi più disponibile in natura: l’acqua. E’diventato molto rilevante, infatti, quale migliore strada percorribile, il ruolo dell’idrogeno e il suo sfruttamento come energia del futuro in quanto esso è anche il gas più diffuso in natura. Può essere sfruttato tramite la cosiddetta cella ad idrogeno a combustibile basata sull’azione elettrochimica che permette di utilizzare l’idrogeno dell’acqua, mentre contemporaneamente la cella non si limita a conservare l’energia, ma anche a generarla.
Attualmente il procedimento è molto costoso, ma si spera in nuove tecnologie che potranno finalmente attuare questa rivoluzione dagli innumerevoli vantaggi: in primis la possibilità di costruire e commercializzare veicoli ad idrogeno con abbattimento dell’inquinamento e conseguente ripresa della produzione automobilistica, oggi peraltro in crisi. Si prevede che proprio l’Italia potrebbe essere presto all’avanguardia nella produzione di energia all’idrogeno, pulita ed inesauribile in natura. Per quanto riguarda altre fonti energetiche, invece, occorre anche considerare che i gas naturali emettono nell’atmosfera una quantità di gas serra intorno al 50% di quanta ne emettono le combustioni di derivati del petrolio e che la produzione di energia nucleare comporta elevati rischi legati allo stoccaggio delle scorie radioattive e agli incidenti delle centrali termonucleari. In alternativa, però, hanno fatto la loro comparsa le tecnologie nucleari di nuova generazione che, al contempo, possono supportare un’economia a basse emissioni di gas serra.
A questo scopo l’UE ha incluso l’energia nucleare nella tassonomia per le tecnologie energetiche a supporto del Green Deal e il nucleare sta guadagnando sempre più consensi in vista di un mix energetico a emissioni zero e il cui dispiegamento dovrebbe aver luogo nel prossimo decennio.
La capacità del nuovo nucleare di sostituire le vecchie centrali e di provvedere alla cogenerazione industriale (calore industriale), al teleriscaldamento e alla produzione di idrogeno, può facilitare, in un prossimo futuro, il suo utilizzo nei sistemi energetici ibridi in quanto, sempre secondo gli addetti ai lavori e in sintesi, offre un approccio più sicuro, efficiente e sostenibile alla produzione di energia nucleare. D’altro canto, le fonti a basso impatto ambientale, vantaggiose sia per la salute dell’uomo che per l’ambiente, sono fonti energetiche rinnovabili che producono energia sostenibile (o energia verde) come quella solare, eolica, idroelettrica, geotermica, idrotermica, oceanica, idraulica e quella derivata da biomassa, ecc. In quest’ambito l’energia marina è una delle fonti rinnovabili più nuove e promettenti. In particolare, quella proveniente dal moto ondoso e dalle maree sembra essere in grado, se combinata con altre fonti di energia rinnovabile, di riuscire a soddisfare almeno il fabbisogno dei centri costieri. Secondo gli studi di settore, entro il 2035 le energie rinnovabili saranno in grado di fornire il 25% circa dell’energia mondiale e, entro il 2040, il 40% della domanda di energia sarà soddisfatta dalle rinnovabili, eolica e solare in particolare. Quest’ultima tipologia rappresenta, in Italia, la fonte rinnovabile più nota, diffusa ed efficiente, perché permette di trasformare l’energia da solare in elettrica tramite impianti fotovoltaici o solari facilmente installabili dappertutto. Per esempio, molto si sta facendo nell’ambito del progetto Sulphurreal, finanziato con quasi 4 milioni di euro dall’Unione europea e, all’interno del quale, l’ENEA ha realizzato, nei laboratori del Dipartimento Tecnologie energetiche e fonti rinnovabili del Centro Ricerche Casaccia (Roma), un prototipo sperimentale costituito dall’accumulo solare tramite lo zolfo green.
L’idea di base del progetto è di utilizzare l’energia prodotta dal solare a concentrazione per attivare ciclicamente una serie di reazioni chimiche basate su acido solforico e zolfo e/o materie prime a base di zolfo, che possono provenire anche da processi industriali su larga scala. A questo primo prototipo sperimentale seguirà la realizzazione di un impianto, su scala di laboratorio, che permetterà di sviluppare l’intero processo. Inoltre il SSPT (Dipartimento Sostenibilità, Circolarità e Adattamento al Cambiamento Climatico dei Sistemi Produttivi e Territoriali ) sta sviluppando, implementando e promuovendo l’eco-innovazione dei sistemi di produzione e consumo contribuendo, quindi, alla definizione e all’attuazione delle strategie e delle politiche del Paese nel quadro generale della transizione verso modelli di produzione e consumo più sostenibili.
L’obiettivo è perseguito attraverso un’azione sistemica e sinergica delle Divisioni afferenti al Dipartimento e precisamente quelle di :Economia Circolare – Tecnologie e materiali per l’Industria Manifatturiera Sostenibile – Modelli, Osservazioni e Scenari per il Cambiamento Climatico e la Qualità dell’Aria – Impatti Antropici e del Cambiamento Climatico sul Territorio-Sistemi Agroalimentari Sostenibili – Biotecnologie. Solo due Paesi, fra quelli più sviluppati nel mondo, l’Islanda e la Norvegia, generano tutta la loro energia elettrica utilizzando energia rinnovabile grazie alla grande disponibilità di geotermia ed idroelettrico in rapporto alla popolazione, mentre altri,come la Danimarca e Svezia, si stanno impegnando a raggiungere il 100% di energia rinnovabile in futuro, obiettivo che rimane tuttavia inarrivabile alla stragrande maggioranza dei Paesi a causa delle limitazioni intrinseche alle rinnovabili stesse. Queste fonti, comunque, possono trovare il loro utilizzo ideale nella microgenerazione di energia elettrica specialmente nelle aree rurali e remote o nei Paesi in via di sviluppo. È anche notorio che il processo di transizione ecologica procede a velocità diversa a seconda dei Paesi coinvolti, degli impegni presi dagli stessi e delle azioni effettivamente realizzate. L’Unione Europea e gli Stati Uniti, ad esempio, stanno accelerando i processi di cambiamento, mentre l’India si distingue per il tasso di crescita più rapido tra le grandi economie, sostenuto da politiche di supporto di installazione di impianti fotovoltaici sui tetti.
La Cina, contrariamente a quanto comunemente si pensi, nel 2023 ha rappresentato il 60% della nuova capacità rinnovabile raggiunta in tutto il mondo e, nei primi anni ’30 di questo secolo, i megaimpianti solari del Paese orientale saranno in grado di coprire l’odierna domanda di elettricità degli Usa, anche se esiste il problema, non indifferente, di mettere insieme batterie abbastanza grandi da conservare tutta l’energia pulita accumulata. La Cina ha superato con sei anni di anticipo il proprio obiettivo di 1.200 Gw di capacità solare fotovoltaica ed eolica e rappresenterà la metà di tutta la nuova capacità installata entro fine decennio. Gli Emirati Arabi Uniti hanno aperto il parco fotovoltaico più grande al mondo, mentre in Arabia Saudita si punta all’obiettivo del 50% di energie green entro il 2030, anche se contemporaneamente continuano gli investimenti fossili degli Stati del Golfo persico. L’ottima notizia è che il solare procede speditamente e, secondo l’Economist, nel 2040 potrebbe diventare la prima fonte di energia al mondo.