di Patrizia Massara Di Nallo (foto fonte Wikipedia)
In Calabria la tarantella ha assunto un posto di rilievo nell’ antropologia soprattutto per l’ estrema diffusione avuta. Il nome del ballo deriva dalla tarantola ed è strettamente legato alla terapia per il morso dell’omonimo ragno. Infatti si ricorreva a una terapia empirica credendo che il frenetico ballo provocasse l’espulsione del veleno attraverso sudori e umori e ciò fosse particolarmente efficace durante la festività dei santi Pietro e Paolo. La “tarantola” (lycosatarentula) era sin dal periodo ellenistico già popolarmente chiamata tarentula, perché il ragno era particolarmente diffuso nell’area tarantina ed è proprio dal nome della città di Taranto (lat. Tarentum) che trae l’etimo. Nel XVI e XVII sec. ci fu la prima apparizione della tarantella come tipico ballo terapeutico legato al complesso fenomeno del tarantismo meridionale. Infatti le prime citazioni sono del 1608 con una trascrizione musicale di Foriano Pico e del 1612 da un’osservazione diretta o di riporto del medico di Mesagne (BR) Ferdinando Epifanio. Negli studi etnici del Rinascimento e dei secc. XVII e XVIII c’è una grande varietà di balli meridionali menzionati dalle fonti scritte, come ad esempio la chiarantana, la gagliarda, la villanella e la tubba catubba e tra seconda metà del XVIII sec. e tutto il XIX sec. si annoverano anche altri balli agropastorali e la tarantella. Nello stesso periodo, affermandosi la tendenzadella tarantella di diventare, anche in ambito aristocratico, un ballo tipicodel Regno di Napoli, si è avuta una nobilitazione di tale danza, sino a farla assurgere a moda e ad introdurla nelle accademie del ballo nobile di tutte le corti d’Europa.
Molto nutrita è la varietà delle tipologie: talvolta viene chiamata “cinque tempi”, un’altra “panno verde”, un’altra “panno rosso”, un’altra “moresca”,un’altra “catena”, un’altra ancora “spallata”.Vi sono tarantelle in cui si balla in coppia, in tre e quattro persone, a più coppie o in gruppo, tarantelle solo per uomini e altre solo per donne, tarantelle stanziali (si balla in un solo posto) o processionali(con spostamenti continui in luoghi diversi). Esistono inoltre stili diversi: tarantelle che sono accompagnate da castagnole, altre dallo schioccare delle dita, alcune che usano indumenti (fazzoletto, grembiule, ecc.) ed altre che si avvalgono di attrezzi di lavoro, armi od oggetti simbolici che, a loro volta, influenzano i movimenti: frasche, fune, falce,bastone, spada, gregna (fastello di spighe di grano intrecciate), tosello, fiore,bandiera, stendardo, ecc. Vi sono tarantelle a strutture varie: monostrutturate, bipartite, tripartite, polimorfe o “figurate” composte di innumerevoli combinazioni geometriche. Comunque, nonostante questa diffusione e contaminazione con i costumi locali, vi sono stati fattori storici, comuni anche ad altre regioni meridionali, che sin dagli anni ‘50 hanno influito sull’abbandono di questa tradizione coreografica calabrese: il mutamento di modelli di vita del dopoguerra, l’emigrazione, l’inurbamento e la conseguente riduzione del numero dei pastori e degli agricoltori e la disaffezione verso le proprie radici, sono stati, infatti,fattori che hanno minato la tradizione del tipico ballo indirizzando verso altre danze, cosicchè la tarantella ha continuato a sussistere, come legame con la terra di origine, presso le comunità di emigrati calabresi nel Nord d’Italia e all’estero. Oggi è praticata in diversi centri del Pollino, della piana di Sibari,dell’Aspromonte, in qualche paese costiero, nell’area silana e nelle Serre. In Calabria le occasioni in cui si può assistere all’esecuzione della tarantella sono le stesse dell’intero Mezzogiorno e sono legate al culto religioso o alla vita familiare e sociale (per esempio, al carnevale, alle feste religiose e patronali, alle scampagnate, alla mietutura, alla vendemmia e alla spannocchiatura, alle raccolte e lavori agrari, alle fiere e mercati, alle nozze, fidanzamenti e nascite, alla Comunione ed alla Cresima.
E’ per questo motivo, per le occasioni in cui la comunità trova e riscopre ogni volta le proprie radici culturali, che nella nostra regione si è conservata la tarantella. In quei luoghi in cui è ancora viva, si possono ammirano innumerevoli varianti locali allo scopo di rendere originale la propria tarantella rispetto alle altre. Assurge così a costituire,come in nessun altra regione, “il ballo”per antonomasia, tantochè troviamo altri balli del passato trasformati anch’essi nella tarantella, sostituiti ad essa, oppure semplicemente rinominati come: Zumpareddu, pecurara, pastorale, viddhaneddha, ecc. Varia anche il tipo di strumento musicale adoperato (ciarameddara, chitarriata, sampugnara, ecc.) e spesso le varie tipologie prendono nome dal luogo d’origine come la tipica tarantella aspromontana fino a quella della città di Reggio Calabria, la tarantella riggitana ,e così via dalle Serre all’Aspromonte, la tarantella praticata in Calabria ètra le più complesse e varie di tutto il Meridione.
I cosiddetti ballatori, talvoltadi diversa provenienza, hanno favorito la sovrapposizione di varianti dando luogo da un repertorio complesso e ricco. Caratteristica della tarantella calabrese è la fondamentale presenza di un mastru i ballu (o mastru d’abballu) che guida e ordina la successione dei partecipanti al ballo e tale ruolo è, ancora oggi, indice di prestigio per abilità e autorevolezza. U mastru deve attenersi a regole precise come quella di far ballare seguendo un ordine di rispetto verso chi indice la festa, oppure nei confronti degli anziani e delle persone autorevoli, tenendo in conto al contempo dei legami coniugali, affettivi o parentelari. Il meccanismo di invito vede il maestro di ballo che fà fari a rrota con i presenti, disposti in circolo, fra i quali ci sono i suonatori ora con zampogna e tamburello ora con organetto e tamburello. Poi invita una donna, balla con lei e di seguito invita un uomo; dopo che essi ballano circa uno o due minuti, il maestro entra ringraziando la signora, perché il ringraziamento vale come invito ad uscire, balla un poco con l’uomo in pista, poi invita un’altra donna e lascia ballare la nuova coppia; successivamente rientra, ringrazia e balla con la seconda donna che rimane nella rota, infine invita un altro uomo e così di seguito. La tarantella pastorale o “pastorale”in alcuni centri veniva danzata anche da quattro ballatori , eseguita su un repertorio musicale basato rigorosamente sulla zampogna solista tantochè anche l’organetto, quando accompagna tale ballo, cerca di imitare il suono della zampogna. Anche la pastorale, sin dal XVII sec., lega la sua storia al fenomeno del tarantismo e, infatti, si è trovata una preziosa testimonianza di Boccone del 1697che parla di due balli delle persone morsicate dalla tarantola in Puglia: tarantella e pastorale. Oggi troviamo anche la pastorale sia in Basilicata che in Calabria, quale modello arcaico di ballo con funzione terapeutica,che sibasa sull’ iterazione della melodia, sull’insistenza ritmica e sulle continue giravolte, e tutto con dispendio di grande energia e fatica fisica.