di Simona Ansani
E’ stata aperta un’indagine dall’Ufficio Circondariale Marittimo di Golfo Aranci, sulla morte barbara e brutale del delfino, ritrovato lunedì pomeriggio sulla spiaggia scuoiato e fatto a pezzi sulla riva dei Baracconi di Cala Moresca.
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Il corpo giaceva a riva privo della parte centrale, quella dorsale, per intenderci tuttala parte commestibile. Un’operazione che pare essere stata fatta da persona molto esperta. Il cucciolo di appena tre mesi, era stato ribattezzato con il nome di Goccia, e faceva parte di un gruppo di cetacei che da anni popolavano le acque fra Capo Figari e l’isola di Figarolo. La Guardia Costiera ipotizza che il delfino sia rimasto impigliato nelle reti di un peschereccio, conferma che parrebbe essere arrivata ieri mattina dopo l’esame eseguito dai veterinari dell’Area Marina Protetta. Sarebbero quindi stati riscontrati evidenti graffi causate dalle reti. Ma ciò che resta del corpo del cucciolo sarà sottoposto per ad ulteriori accertamenti per individuare il o i responsabili, che incorrono in pene severe per il reato di “cattura e detenzione di specie animale protetta”.
«Un fatto gravissimo e inaccettabile; un gesto di una violenza così efferata da far gelare il sangue. Mi chiedo chi possa essere stato così disumano da compiere un simile scempio sul corpo del cucciolo di cetaceo e poi gettarlo via, abbandonandolo su una spiaggia, come se si trattasse di un rifiuto e non di un essere senziente a cui è stata tolta la vita.» Queste le parole di Emanuele Deiana, consigliere nazionale dell’Enpa.
In attesa che vengano compiuti i rilievi e le indagini del caso – la Protezione Animali ha già attivato il proprio ufficio legale e sta per presentare una denuncia contro ignoti -, l’Enpa ritiene che le operazioni di sezionamento praticate sul tursiope, al quale sono state asportate le parti commestibili, debbano fare ricondurre il tragico fatto al mercato nero del musciame. Vale a dire al traffico illecito della carne di delfino essiccata, che già in passato, dopo un servizio trasmesso dalle “Iene”, era stato oggetto di una denuncia depositata dall’Enpa presso la Procura della Repubblica di Civitavecchia (Roma).
«Trattandosi di una specie particolarmente protetta dalla Cites, nonché dalle normative italiane, i delfini non possono in alcun modo essere pescati, uccisi, commercializzati e destinati al consumo alimentare – precisa il direttore scientifico dell’Enpa, Ilaria Ferri -. Anche perché gli esemplari presentano un alto rischio di contaminazione da sostanze xenobiotiche e parassiti, altamente pericolosi per la salute umana. La questione, dunque, chiama in causa aspetti di natura non soltanto penale, ma anche sanitaria.»