di Patrizia Massara Di Nallo (foto fonte humanitas)
“Iper” è un suffisso sempre inquietante quando è legato ai risultati delle analisi di routine, in particolar modo davanti a “ colesterolo” perché indica un valore eccessivo del grasso “cattivo”(antagonista di quello “buono”) che può provocare alle arterie seri danni. E chi non ha sentito talvolta dire : “colpa dell’ereditarietà”, cioè di un, a dir poco antipatico, gene che viene ereditato e contro cui, solo con una dieta equilibrata, non si risolverebbe molto, considerando comunque che l’ipercolesterolemia familiare è più rara di quella acquisita (non causata da mutazioni in singoli geni, ma dallo stile di vita). Il colesterolo in eccesso, infatti, è uno dei fattori di rischio maggiori per le malattie cardiache, perché può causare la formazione nei vasi sanguigni di depositi di grasso (placche aterosclerotiche), che restringendo il lume, provocano infarto e ictus per ostruzione al passaggio del sangue.
Oggi, finalmente, è stata pubblicata sulla rivista Nature una scoperta scientifica tutta italiana E’ stata coordinata dall’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica di Milano e vi hanno collaborato anche l’Università del Piemonte Orientale, l’Istituto di Tecnologie Biomediche del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Segrate e l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. I ricercatori, in pratica, sono riusciti a “disattivare” (silenziamento epigenetico) il gene responsabile del colesterolo alto senza modificare la sequenza del Dna e, al contempo, hanno provato per la prima volta l’efficacia a lungo termine del metodo impiegato.
L’équipe di Angelo Lombardo, responsabile del laboratorio di Regolazione epigenetica e modificazione mirata del genoma all’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica di Milano e professore presso l’Università Vita-Salute San Raffaele, ha studiato il gene Pcsk9 coinvolto nella regolazione dei livelli di colesterolo e causa, in alcune varianti, dell’ipercolesterolemia familiare.《In alcuni pazienti con la malattia, il gene è più attivo del normale – chiarisce Lombardo – e questo fa sì che le cellule del fegato non riescano a catturare in maniera efficiente il cosiddetto colesterolo “cattivo” o LDL》. Aggiunge Lombardo 《Rispetto ad altri trattamenti pur innovativi diretti contro PCSK9, questo approccio potrebbe avere numerosi vantaggi, trattandosi di una terapia da effettuare una sola volta nella vita, che non modifica la sequenza del DNA (con tutti i rischi che questo potrebbe comportare) e con effetti potenzialmente reversibili. Inoltre, la dimostrazione di efficacia ottenuta costituisce una base molto solida per sviluppare strategie di silenziamento epigenetico dirette sempre al fegato per altre malattie, come l’epatite B, ma anche ad altri organi, come il sistema nervoso centrale》.
Già esistono infatti terapie che tentano di spegnere il gene agendo direttamente sulla sequenza del Dna , con il timore però che la modifica causi effetti indesiderati. Ora, invece, si è fatto ricorso all’epigenetica: un insieme di meccanismi che regola lo stato di espressione dei geni, cioè il fatto che siano accesi o spenti, senza intervenire sulla sequenza di DNA. I ricercatori hanno sviluppato molecole (chiamate editori) programmate per riconoscere e spegnere questo gene, aggiungendo particolari gruppi chimici alla sua sequenza. Poi hanno incapsulato gli editori in nanoparticelle lipidiche, analoghe a quelle utilizzate per i vaccini anti-Covid a base di mRNA, che sono state, infine, somministrate nei topi.Il successo è stato quindi determinato dallo spegnimento di un gene in vivo, in un organismo modello, il topo, permettendo quindi il succesivo passaggio di sperimentazione sui pazienti. Si aprono, quindi, nuovi scenari per lo sviluppo di farmaci efficaci per il trattamento sia dell’ipercolesterolemia familiare che di quella, più comune ,acquisita e dipendente da stili di vita scorretti.
Comunque, sia nell’uno che nell’altro caso, si devono sempre tenere sotto controllo i fattori di rischio:sovrappeso, obesità, alimentazione non sana,mancanza di attività fisica e fumo (che danneggia i vasi sanguigni e accelera il processo di indurimento delle arterie).