di Gianluca Albanese – Immagini e Video di Enzo Lacopo © 2023
RIACE – Dignità, umanità, solidarietà. La Rivoluzione Riacese non è morta. È il dato più evidente emerso dal presidio di solidarietà a Mimmo Lucano in corso di svolgimento nel villaggio globale di Riace che per un giorno torna quel borgo multicolore e solidale divenuto un modello famoso in tutto il mondo. Ma leggere quanto organizzato spontaneamente da associazioni e movimenti come un mero abbraccio a un uomo-simbolo, in attesa della sentenza di appello dopo la pesante condanna in primo grado, appare assai riduttivo. Perché chi ha deciso di trascorrere questa domenica non lo ha fatto per schierarsi contro la magistratura o per inveire contro chi ha cercato, in tutti i modi, di affossare quel modello. Semmai, persone con esperienze, sensibilità e appartenenze territoriali differenti hanno voluto ribadire la validità di un modo di accogliere e integrare chi scappa da guerra, fame e persecuzioni, ripopolando strade, case, asili, scuole, campi e botteghe, creando economia circolare rispettosa dell’ambiente e lontana anni luce da ecomafie e sopraffazione che pur imperano nell’Italia di oggi.
Il presidio è pacifico, come sempre. Al punto che la presenza importante delle forze dell’ordine va via scemando man mano che passano le ore e si avvicendano gli interventi al microfono, magistralmente introdotti da Pietro Melia. Davanti alla taverna di Donna Rosa è un continuo susseguirsi di testimonianze, accorati appelli e inviti a proseguire quella che è ancora l’utopia che combatte contro disumanità, spopolamento delle aree interne, razzismo e ogni tipo di mafia.
La mestizia iniziale diventa dolore man mano che arrivano le notizie della tragedia sulla spiaggia di Cutro. Decine e decine di giovanissimi morti tra i migranti in cerca di un futuro migliore. Inevitabile ripensare a quel giorno del 1998, quando il vento (lo stesso che oggi agita le onde del mare) fece sbarcare sulla spiaggia di Riace i primi immigrati accolti spontaneamente da alcuni giovani del luogo, tra cui Mimmo Lucano.
Dopo l’introduzione di Sasà Albanese, instancabile promotore di iniziative tese a mantenere e rilanciare una presenza di vera sinistra nel panorama politico nazionale, prende la parola Mimmo Lucano. La sua è una lezione di dignità, quando dice di voler essere giudicato e assolto sulla base dell’insussistenza delle accuse a suo carico senza chiedere clemenza o sconti di alcun genere. Pronto ad affrontare una reclusione che ai più appare come inspiegabile ma anche fiero nell’affermare senza esitazione «rifarei tutto quello che ho fatto». L’elenco dei presenti davanti a lui è lungo. C’è l’universo della solidarietà e della sinistra che non si sente rappresentata dai principali partiti sebbene qualcuno avesse provato ad allestire proprio in quel luogo un gazebo delle primarie del Pd senza incontrare il placet dei vertici regionali del partito. Ci sono gli amici e i compagni di sempre. Gli unici due sindaci presenti (Tripodi di Polistena e Conia di Cinquefrondi) vengono dalla Piana di Gioia Tauro. Della Locride nessuno, ma tant’è. Al microfono si avvicendano, tra gli altri, Luigi De Magistris, Nuccio Barillà, Angelo Broccolo e un monumentale Peppino Lavorato.
Tutti a rivendicare la bontà di quello che si è fatto e a proporre «dieci, cento, mille Riace nel mondo» augurandosi «che Mimmo venga assolto per aver commesso il fatto», ovvero privilegiato l’umanità alla legalità formale, concetto che più di uno ha richiamato, sottolineandone la distanza dal principio di vera giustizia.
Nelle immagini riprese e montate dal nostro Enzo Lacopo il film della giornata.