di Simona Ansani
Tutto ebbe inizio in Italia il 14 maggio 2008 quando facebook per la prima volta approda sulla piattaforma più rivoluzionaria di sempre. Ad agosto dello stesso anno fb conta più di un milione e trecento mila visite. Da una idea di Zuckerberg, un ragazzo dall’aspetto introverso, schivo, che racconta che non aveva una grande vita sociale, inventa qualcosa che unisce, che ci permette di rimanere in contatto con persone in ogni parte del mondo. Eravamo incuriositi, finalmente potevamo incontrare il vecchio amico del liceo di cui avevamo perso ogni traccia. Creato per unirci. Ci hanno fatto credere questo. Poi qualcosa è andato storto. Le piattaforme social si moltiplicano e iniziano a prendere sempre più il sopravvento. Nascono Twitter, poi Instagram, TikTok.
I numeri delle registrazioni degli account crescono a dismisura. E ciò che era nato come un modo per metterci in contatto e in rete con amici lontani e parenti assume uno scenario del tutto diverso, si diventa spettatori delle vite degli altri.
Ogni cosa, ogni momento, deve essere fotografato per postarlo subito, una pietanza, un viaggio, la casa nuova, un outfit, un tramonto, una serata fra amici, un momento di intimità. Ciò che prima era custodire la propria privacy ora diventa sdoganata, e anche le frasi più banali e volgari vengono ripostate. Il “cosa stai pensando”, fa salire tutti in cattedra e allora ecco i filosofi, giornalisti, politologi, opinionisti e persino leoni da tastiera. Le nuove generazioni, ma anche le vecchie, i cosiddetti boomer non sono da meno, vivono costantemente con il proprio smartphone in mano, ad ogni ora del giorno e della notte. Come tanti automi postano, ricondividono, sono attenti agli algoritmi, scattano infiniti selfie per poi controllare i mi piace ricevuti, continuamente quasi a diventare una ossessione. Il dialogo viene meno, anche i momenti a due con il proprio partner durante una cena diventa fra infinite persone dietro uno schermo, oppure i classici gruppi di amici seduti al bar o in pizzeria sembrano una scena di un film muto, dove nessuno parla fra loro perché troppo intenti a non vivere fra i social.
Le donne e gli uomini per una rapida conquista sono a portata di clic, e i tradimenti ai tempi dei social sembrano essere una delle maggiori cause di divorzio in Italia. Ma vale davvero la pena?
Il problema ha un nome ben chiaro, dipendenza da smartphone e proprio un recente studio consiglia di prendersi una settimana di pausa dai social per disintossicarsi, e in Italia nascono anche i primi centri per curare queste forme di patologie.
Riprendiamoci la nostra vita, il piacere di stare insieme nel mondo reale, di ascoltare la persona che abbiamo di fronte a noi, trascorrere del tempo in famiglia, liberandoci da una schiavitù mentale figlia dell’era di Zuckerberg.