di Simona Masciaga
Milano sussurra a mezza voce: cinema, locali, teatri sono chiusi. anche La Scala, tempio della musica e della lirica piange quel “Trovatore” rimasto bloccato da due giorni e piange chi, dopo estenuanti ore d’ufficio, trova chiuso ogni tipo d’attività commerciale, impedendo il classico happy hour o una banale spesa al supermercato. Oggi le cose già sono cambiate, si torna alla normalità lasciando tutto alle spalle e chiudendo il coronavirus in una bolla di sapone ma, i veri milanesi, innamorati di questa città cosmopolita, hanno continuato a vivere, a viverla nonostante il pacifico coprifuoco delle 18. Fino a quell’ora si gioca a carte nei bar davanti a un “bianchetto” o si rimane al parco a scorrazzare su scivoli e altalene sotto il tiepido sole di una primavera nettamente in anticipo, visto che anche le scuole sono chiuse.
Anche noi di Lentelocale, testimoni in prima linea di questa pseudoepidemia, siamo voluti uscire per le strade di Milano; non per mancare di rispetto a chi è preoccupato di questo caos, ma per dimostrare che c’è chi, come noi, crede nell’anima profonda di ogni città, sia essa Milano o Lampedusa e ne adora ogni stile di vita, di cultura e tradizione.
Se il coronavirus ci ha reso orfani di eventi culturali e musei al chiuso, abbiamo riscoperto “L’altra Milano” museo en plein air, percorrendo a piedi le strade della città gratuitamente senza pagare biglietti né di metro e né d’ingresso: Duomo, Galleria, palazzi neoclassici, Sant’Ambrogio, palazzo Castiglioni, Villa Necchi e via via arrivando alla Torre Velasca, al Pirellone a Citylife si vive un percorso storico-culturale infinito e indescrivibile, ma se in piazza Duomo si alza lo sguardo all’Arangario si nota lo sfolgorante neon di Lucio Fontana progettato per la Triennale del 1951 e già definito una delle eccellenze moderne. Proseguendo fino a piazzale Cadorna ci vengono agli occhi ben 18 metri d’acciaio aggrovigliato di Claes Oldenburg “Ago, filo e nodo”: un’opera che svetta tra palazzi, fontana e pensilina divenuto simbolo della ricucitura tra nuova e vecchia urbanistica e, se si raggiunge piazza Della Borsa ecco “Il Dito” terzo della mano, ben eretto di Maurizio Cattelan, oggi forse più famoso per la sua impudente “banana” appiccicata su tela presentata di recente a Miami.
Raggiungendo piazza della Conciliazione, (ovviamente il Cenacolo è ben sigillato e visitabile da tempo su prenotazione) la nostra attenzione è rivolta a “Il gesto della libertà” scultura di Carlo Ramous del 1972 dove ci riesce naturale percepire che la plasticità dell’opera realizzata con minuziosi calcoli matematici vuole essere perfetta continuità prospettica con i palazzi circostanti creando equilibrio e armonia. Cortili storici, murales, strutture moderne e molto altro, ci hanno portato a scoprire una Milano diversa, sconosciuta che, in questi giorni, è costretta ad ascoltare un’orgia di parole utili e inutili sul coronavirus.
Orbene, ci viene naturale chiederci se, nel caso tali provvedimenti fossero presi dalla nostra Regione, chi, invece di blaterare sulle possibili contromisure o incensarsi come esperto in virologia, impieghi il proprio tempo per visitare i nostri luoghi carichi di storia e cultura o semplicemente ammirare all’aria aperta, sotto il sole, quel dono incommensurabile di cui siamo beneficiari: il mare.