di Antonio Baldari – La campanella è suonata, ed oggi c’è stato il primo giorno di scuola per il neo-nominato Governo Meloni; un giorno piuttosto insolito per essere il primo fra gli scranni di palazzo Chigi essendo domenica ma tant’è! Gli impegni ci sono, eccome se ci sono!, impegni piuttosto gravosi con delle scadenze che non possono essere più procrastinate. Il rituale è stato rispettato con l’ormai classico “passaggio della campanella” fra il premier uscente, Mario Draghi, e quello entrante, Giorgia Meloni, com’è risaputo in tutte le salse prima donna italiana a rivestire tale carica; la campanella vuole testimoniare il passaggio delle consegne nella continuità del lavoro svolto con quello da svolgere ancorché da più parti, su tutte proprio quella riconducibile alla compagine di Centrodestra, si sia detto di volere realizzare, sin da subito, una certa discontinuità. Cosa auspicabile in special modo per uno dei nodi cruciali del programma di governo, ossia l’Istruzione. Il prescelto nocchiero di viale Trastevere, sede del ribattezzato dicastero “dell’Istruzione e del Merito”, si fregia indubbiamente di un curriculum di tutto riguardo: Giuseppe Valditara, il nocchiero del “sapere” dello Stivale, ha intanto tre legislature alle spalle, omogeneo giacché gravitante nella stessa area politica sia pur passando da “Alleanza Nazionale” a “Futuro e Libertà” per arrivare oggi alla Lega, essendo stato in illo tempore allievo di Gianfranco Miglio, ideologo della Lega Nord di bossiana memoria. Per quanto concerne l’aspetto puramente professionale Valditara è docente, ordinario di “Diritto romano” presso l’Università di Torino e, fra le altre fatiche con il ministero che si accinge a guidare, è stato capo dipartimento per la Formazione superiore e la ricerca al Miur – nel momento in cui Istruzione ed Università erano uniti sotto un unico vessillo ministeriale – con l’allora ministro Bussetti, come lui in quota Lega, in capo al cosiddetto “Conte I”; ora, quale partito di maggioranza o di coesione nazionale il partito di Alberto da Giussano non ha mai fatto mistero di volere sciogliere i tanti nodi che stringono il collo, quasi del tutto lividoso, dell’Istruzione dello Stivale. Particolarmente per quanto concerne l’annosa querelle relativa agli altrimenti appellati “precari storici”, quelli che, di fatto, reggono sulle proprie spalle, la Scuola italiana intesa quale edificio da aprire e chiudere, per consentire ai nostri giovani di usufruire del costituzionalmente sancito diritto all’istruzione, all’articolo 34 della “Magna Charta” tricolore, pena il loro status in perenne stato di muffa; tanto più che la stessa Meloni ha inteso rimarcare l’aspetto europeista ed atlantista della sua squadra si vorrà effettivamente vedere come si intenderà essere europeisti: sic et simpliciter o per un bluff come nelle puntate precedenti? Eh sì perché, se davvero si desidera mettere in pratica l’europeismo migliore, è dal 2014 che giace nei cassetti di Bruxelles la direttiva comunitaria secondo cui “Chi nella Pubblica Amministrazione ha svolto trentasei mesi, anche non continuativi, va stabilizzato”. Punto e fine delle trasmissioni; il predecessore di Valditara, l’ex ministro Patrizio Bianchi, è addirittura riuscito nell’impresa di tagliare le cattedre da qui al 2027 in numero di 10mila – diconsi diecimila! – posti di lavoro quando la realtà, al contrario, dice, che le cattedre da coprire aumentano di anno in anno arrivando a superare le 250mila unità per l’ormai iniziato anno scolastico 2022-2023: si auspica che si faccia di meglio. Che si applichi la direttiva comunitaria così come richiamata, in nome del più coerente europeismo e, finalmente!, del tanto sbandierato “merito”.
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