di Patrizia Massara Di Nallo ( foto fonte Wikipedia)
Un team di ricerca, guidato dall’Università di Padova, indaga, per la prima volta con metodo scientifico, sulle origini di uno de piatti più iconici della tavola italiana:la pasta ripiena. La grande ricchezza della cultura culinaria italiana è strettamente intrecciata con la storia,la geografia e la biologia del nostro Paese e la pasta, in particolare, è un elemento centrale nella nostra cultura, tantoché la paternità di alcune ricette o piatti tradizionali è spesso oggetto di accese discussioni.
Uno studio, guidato da un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Biologia dall’Università di Padova e recentemente pubblicato sulla rivista “Discover Food”, indaga le origini di uno dei più iconici elementi della cultura italiana, cioè la pasta ripiena, utilizzando un metodo scientifico per ricostruire le origini e l’evoluzione della grande varietà presente nel nostro Paese, uno degli esempi della diversità bioculturale italiana. Vazrick Nazari, del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova e primo autore dello studio, ha spiegato: «L’Italia del Nord è un hotspot di diversità per la pasta ripiena: ogni città e ogni paese brandisce con orgoglio la propria varietà unica di questo piatto sacro, la cui ricetta è spesso tramandata di generazione in generazione tra le famiglie del posto. Questo lavoro presenta il primo approccio interdisciplinare in cui si è applicata una metodologia comunemente usata nelle scienze biologiche per far luce su questioni che rientrano nel campo delle scienze alimentari: da dove viene questa incredibile diversità della pasta ripiena italiana e come sono correlate tra loro queste varietà?».
Per formare il dataset, gli autori hanno quindi fatto riferimento sia alla letteratura scientifica sull’argomento, sia ad alcuni testi fondativi della cucina italiana, come il leggendario volume di Pellegrino Artusi “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” (datato 1891). Si è operata, quindi, una separazione tra i formati di pasta ripiena eurasiatici (come gyoza, maultaschen, pierogi, pelmeni…), raggruppati come outgroup e utilizzati come elemento di comparazione, e quelli specificamente italiani. I formati selezionati sono stati in tutto 28 ed hanno compreso una varietà rappresentativa di tutto il territorio nazionale, dai “culurgiones” sardi ai “cjarsons” friulani, dai tortellini bolognesi ai cappelletti romagnoli.
Analizzando, poi, le varie caratteristiche di questa tipologia di pasta (ingredienti dell’impasto, tipo di ripieno, modalità di cottura, grandezza, piegatura, etc.) e la distribuzione geografica delle ricette, i ricercatori hanno elaborato un albero filogenetico che ricostruisce la probabile origine e diffusione della pasta ripiena in Italia, così come la sua progressiva differenziazione nelle diverse forme regionali e locali. Antonella Pasqualone, professoressa all’Università di Bari, ha detto: «Le differenze osservate sono legate alle specificità climatiche e agroalimentari delle diverse regioni italiane, oltre che alla forma della pasta. Ogni tipo di pasta ha una geometria a sé stante, con diverso volume, rugosità e alternanza di vuoti e pieni. La forma influenza il comportamento in cottura, la ritenzione del condimento e la consistenza, ma ha anche una chiara funzione comunicativa legata all’identità culturale. In questo caso, è vero che “la forma è sostanza”!». Telmo Pievani, coordinatore del gruppo di ricerca e docente dell’Università di Padova, ha detto: «Dove c’è molta diversità biologica, di solito c’è anche molta diversità culturale, chiamata diversità bioculturale e di essa l’Italia ne è ricchissima. Il cibo nasce proprio dall’intersezione fra biologia e cultura. Con questo studio mostriamo che l’approccio evoluzionistico può ricostruire non soltanto l’albero genealogico delle specie, ma talvolta anche quello degli artefatti culturali. Persino della pasta ripiena». Infatti, i risultati dell’analisi mostrano che è molto probabile che la pasta ripiena, originatasi in Eurasia, sia arrivata prima nel Nord Italia e da lì si sia diffusa nel resto della Penisola in seguito a una iniziale riduzione della varietà di ricette. L’albero filogenetico, comunque, permette di ricostruire anche le affinità tra le diverse forme di pasta ripiena e, a tal proposito,una distinzione principale è quella tra le due grandi “famiglie”, quella dei tortellini (più tridimensionali) e quella dei ravioli (più piatti), entrambi originari del nord Italia, dove si concentra la maggior parte dei formati presi in considerazione. Inoltre, è interessante notare che, in tutte le analisi svolte, un unico formato di pasta ripiena italiana viene sempre riconosciuto come esterno a queste due grandi famiglie: i culurgiones sardi e ciò suggerisce che, in Sardegna, la pratica culturale di cucinare la pasta ripiena possa essersi originata in modo indipendente rispetto al Nord Italia. Valentina Todisco, coautrice dello studio e ricercatrice all’Università di Salisburgo, ha sottolineato: «L’inestricabile connessione tra uomo, cultura e ambiente emerge in modo evidente da questo lavoro, in cui analisi, normalmente utilizzate per studiare l’evoluzione degli esseri viventi, vengono applicate a uno dei cibi italiani più famosi al mondo. I culurgiones sardi risultano molto diversi da tutto il resto, evidenziando le peculiarità di quest’isola, che rappresenta una tra le regioni con maggiore diversità ambientale e culturale nell’area Mediterranea».
Questo studio è stato il primo ad applicare un metodo scientifico per la classificazione della pasta ripiena italiana e l’obiettivo dei ricercatori è replicare questo approccio per ampliare le conoscenze sulla diversità bioculturale del nostro Paese. Andrea Pieroni, coautore della ricerca e professore all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (CN ), ha commentato: «La pasta è in Italia, come ogni ingrediente, prodotto e piatto delle gastronomie, una ragnatela etno-ecologica in perenne evoluzione e dove da sempre convergono intrecci ecologici e socio-culturali. Questo lavoro adotta un metodo ben noto alla biologia, e lo applica all’evoluzione del sistema alimentare “pasta ripiena”. Si è trattato di un percorso pionieristico che immaginiamo possa essere applicato ad altre traiettorie culinarie ed essere foriero di sorprese non visibili in base alla sola indagine storica». Sofia Belardinelli, del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova e coautrice dello studio, ha affermato:«La dimensione culturale e quella biologica sono infatti intrinsecamente connesse, soprattutto in un Paese ricco di storia e di natura come l’Italia. Conoscere e tutelare le varie manifestazioni culturali che formano il bagaglio bioculturale di un luogo è essenziale per preservare anche la biodiversità locale».