di Gianluca Albanese
Chi l’avrebbe mai detto che un giorno due episodi in qualche modo legati alla spazzatura avessero ispirato la scrittura di una riflessione domenicale? Eppure, le ultime 48 ore ci hanno regalato due episodi, due storie “di spazzatura” molto diverse fra loro. Le riportiamo iniziando dall’ultima, quella che si è conclusa con un lieto fine, ma che aveva destato non poca indignazione.
Locri, 22 giugno. I lettori più attenti ricorderanno l’idea dell’amministrazione comunale di dotare i cassonetti dell’immondizia di due piante ai lati. Due grossi vasi rettangolari per scongiurare il malcostume di chi lascia le buste dei rifiuti fuori dai cassonetti e ridare decoro alla città. Lente Locale se ne occupò il giorno stesso con questo articolo che riproponiamo:
Locri, spuntano le piante a lato dei cassonetti dei rifiuti
Locri, 13 luglio. I vasi installati ai lati del cassonetto di fronte a palazzo di Città non ci sono più. Spariti. Esattamente come accaduto alle piante messe a dimora sotto la statua di San Francesco sul lungomare di Siderno o quelle piantate dai volontari dell’associazione Libra in contrada Donisi, davanti agli sguardi ammirati dei bambini dell’asilo. Come se nella Locride tutto ciò che viene messo per migliorare il decoro urbano negli spazi verdi pubblici fosse qualcosa pronta da essere portata via dal primo incivile che capita. Un bene pubblico che diventa privato mediante uno dei furti più squallidi. Un gesto che getta fango sull’intera comunità cittadina che invece ha tutto il sacrosanto dovere d’indignarsi. L’amministrazione non ci sta. Viene sporta denuncia ai Carabinieri che dopo qualche ora ritrovano le piante (pare in uno stabilimento balneare) ed ora sono di nuovi lì. E se tutto è bene quel che finisce bene, amareggia il fatto che per recuperare qualcosa che appartiene a tutti, si sia dovuto ricorrere all’Arma, che già svolge un ruolo difficile e importantissimo sul territorio e i cui uomini sono, generalmente, occupati in attività ben più impegnative. Ma tant’è. Ci si augura solo che chi ha rubato i due vasi, oltre alla pessima figura fatta, possa rendersi conto che non la può passare facilmente liscia. A noi cittadini rimane il compito d’indignarci quando assistiamo a episodi del genere e il dovere di segnalare alle autorità quando vediamo qualcosa che non va o di sospetto. La sottocultura del cosiddetto “quieto vivere” e della strenua difesa solo dell’uscio e della bottega non bastano per la crescita civile del proprio territorio.
Siderno, 12 luglio. L’altra storia che raccontiamo è diametralmente opposta alla precedente. E’ la storia di un gesto normalissimo che però diventa esemplare, visto l’andazzo. Una scena alla quale abbiamo assistito personalmente e che ci ha colpito molto. Sono le diciannove di un venerdì afoso quanto basta. Di fronte alla panchina sotto la pensilina che precede di qualche metro il semaforo del bivio per la zona di Donisi/Mirto, non c’è solo un sole accecante; nel cassonetto dall’altra parte della statale 106 non c’è quasi nulla, almeno guardandolo da lontano. Per terra un sacchetto bianco di plastica legato all’estremità ma stipato al punto tale da non contenere tutta l’immondizia che contiene. Giace per terra accanto al cassonetto semivuoto, ma non se ne accorge nessuno. Nemmeno noi. Figuriamoci gli automobilisti di passaggio che in un venerdì «appiccicoso di caucciù» come canta Paolo Conte sfrecciano veloci, specie dopo la sosta nervosa e forzata al semaforo rosso. Insomma, la busta bianca è la classica «carta spuorca e nisciun’ se ne ‘mporta, e ognuno aspetta ‘a sorta» della “Napule è” di Pino Daniele. E la “sorta”, la fortuna, arriva di lì a poco. Si materializza in una bella signora bionda che a bordo di un’utilitaria grigia accosta improvvisamente. La vestaglia è chiara come la pelle evidentemente poco avvezza ai bagni di sole. La signora scende, si dirige verso il sacchetto abbandonato, lo raccoglie e lo getta dentro il cassonetto. Non lo aveva lasciato lei per terra, ma ha sentito il dovere civico di raccoglierlo e buttarlo dentro. Anche se era in macchina, era venerdì pomeriggio, magari andava di fretta e non sapeva nemmeno quale fosse il contenuto di quell’involucro così brutto a guardarsi. Assistiamo alla scena mentre parliamo al cellulare, sempre sulla panchina dall’altro lato del cassonetto. Abbozziamo qualche cenno di approvazione per il gesto appena compiuto dalla signora, ma lei non se ne accorge nemmeno. Sale di nuovo a bordo, accende il motore e procede in direzione Sud, conscia di avere fatto una cosa normalissima.
Da modesti operatori della comunicazione riteniamo che il suo gesto sia stato più efficace di mille spot di “pubblicità progresso” ideati dal migliore creativo del mondo. Perché da oggi in poi, ogni volta che vedremo una busta di plastica per terra accanto al cassonetto nel quale c’è ancora spazio, ci ricorderemo della signora bionda e del suo gesto, così nobilmente normale.
Anche questa è Locride. Per fortuna.