di Antonella Avellis*
Caro Direttore, vorrei affidarti alcune mie riflessioni sul dibattito scaturito sul tuo giornale da un pezzo scritto da Franco Crinò sul “partito che non c’è, quello socialista!“ Sull’assenza nel panorama politico italiano di una forza politica socialista riformista unitaria e sulla possibilità di creare le condizioni per rendere possibile il ritorno nell’agone politico di quella forza.
Nonostante le profonde divisioni che hanno caratterizzato la vita dei socialisti dal ‘94 in poi, è difficile sostenere che nell’animo dei Socialisti non ci fosse il desiderio di ricostruire una forza socialista politicamente e numericamente significativa. Superando le ragioni che furono alla base della diaspora, per riaprire un processo politico nuovo, riannodando i fili di un dialogo, che se non interrotto sul piano personale, si era interrotto sul piano politico.
Un processo politico per ritrovare le ragioni di un’intesa non
autoreferenziale. Ma soprattutto un progetto per ricostruire una forza
socialista, con un disegno e una prospettiva politica non di breve respiro.
Un obiettivo politico ambizioso, in grado di recuperare i consensi di una gran parte degli elettori socialisti dispersi e orfani, ma anche di costruire nuovi riferimenti e nuovi consensi.
Coloro i quali, come molti di noi si sono dichiarati “testardamente socialisti”
con il garofano tatuato nel cuore e nella mente, oggi possono constatare che la
ricostruzione di una forza del socialismo italiano s’impone con forza e risponde
ad una esigenza della società e della nostra democrazia.
In questi anni ciascuno di noi ha fatto esperienze diverse.
Tutti però abbiam avuto sempre la
consapevolezza che la prospettiva socialista e socialdemocratica ancora viva ed
essenziale, non morta con la fine del Psi, non superata né in Italia né in
Europa, rimanga la via maestra. Di fronte alla grave crisi del sistema
politico, di fronte all’insuccesso della politica nata sulla distruzione dei
partiti della prima repubblica, di fronte alla crisi democratica e
istituzionale, oltre che economica e sociale di questo paese, cresce l’esigenza
di cambiare pagina e la prospettiva di una nuova realtà socialista diventa
concreta.
Abbiamo di fronte la crisi del bipolarismo personalizzato e l’incapacità di
questo sistema di affrontare le questioni per la quali si è voluto imporre con
la forza, agli inizi degli anni ’90, un nuovo equilibrio.
La crisi dell’antipolitica, il superamento del nuovismo, l’inconsistenza di una
politica di destra e di sinistra, che si è richiamata al riformismo senza
praticarlo, e l’insoddisfazione crescente verso partiti senza storia, hanno
messo in evidenza il bisogno di politica e di una politica nuova.
Il progetto di costruire sia a destra sia a sinistra grandi partiti unitari si è sciolto come neve al sole nell’indifferenza più generale.
Oggi in Italia c’è bisogno di una politica socialista, di un socialismo
liberale e di un socialismo “materialista”, capace di affrontare le questioni
prioritarie e materiali che affliggono la vita di molti italiani, di molti
giovani e di tutti coloro che non hanno nessuna sicurezza del proprio
futuro.
Solo una forza autenticamente socialista, proprio in questo momento, potrà dare
quel contributo preciso sui temi di politica estera e sui temi di politica
economica, sulla crisi dello sviluppo industriale, del lavoro e dello sviluppo.
Questa non è una posizione nostalgica e non lo è mai stata. E’ la risposta naturale che solo una forza autenticamente socialista potrà dare alla debolezza della politica e alla confusione in cui vive il paese.
La presenza del ‘Muro di Berlino’ in Italia che ha impedito la formazione di un partito riformista liberale, ispirato ad i valori di Turati e dei fratelli Rosselli, è, finalmente, una constatazione non più limitata ai nostalgici del PSI di craxiana memoria, ma la Storia ha confermato che questa anomalia, creata in modo forzoso con il golpe giudiziario di Tangentopoli, ha condizionato e condiziona l’evoluzione politica e sociale del nostro Paese.
È evidente, quindi, che il dibattito non può essere relegato nella bacheca dei nostalgici, bensì riporta l’attenzione su un’anomalia tutta italiana, che tanto danno procura alle generazioni future. Al di là dei proclami, il Partito Democratico, non è riuscito a fare autocritica rivedendo le proprie posizioni nei confronti dei socialisti, spostando semplicemente i propri valori da quelli ‘comunisti’ a quelli ‘democristiani’ saltando a piè pari qualsiasi riflessione laica sul socialismo europeo liberale e riformista.
E, come sempre in politica, questi errori di valutazione, si pagano.
Ed è proprio dal fallimento nella politica e nelle istituzioni territoriali, le cui conseguenze sono maggiormente avvertite dai cittadini, che deve essere rilanciata la politica socialista riformista che, al di là degli slogan, si è sempre caratterizzata per l’applicazione di un ‘metodo di amministrazione pubblica’ che non avesse solo obiettivi a breve termine, ma che lavorasse sul medio e lungo termine, per migliorare la vita dei cittadini e porre le basi per migliorarla anche alle future generazioni.
D’altronde, è proprio la politica per molti aspetti miope che ha caratterizzato la Secondo Repubblica, composta, in special modo negli ultimi anni, da soggetti impreparati alle grandi sfide economiche ed internazionali (la Politica si può fare solo studiando…e tanto!), che lascia un vuoto su alcuni temi per i quali i socialisti italiani hanno caratterizzato la loro storia politica. E mi riferisco al grande all’irrisolto tema del futuro generazionale e di un welfare che si trasformi in workfare, per garantire un’esistenza dignitosa anche ai nostri figli e nipoti. Per non parlare poi della questione Mezzogiorno d’Italia, completamente sparita dall’agenda politica reale, la cui mancata risoluzione rappresenta il principale motivo della stagnazione in cui versa il Belpaese.
Ergo, i riflessi più importanti dell’assenza di una forza autenticamente socialista ricadono proprio su questi temi, in altre parole ricadono sulla Politica del nostro Paese.
*: Socialista