di Gianluca Albanese
SIDERNO – Si chiama “Contributo di analisi e proposte per la sanità in Calabria” il lungo e articolato documento elaborato dal gruppo di lavoro per la dignità e il progresso in Sanità, Diritti Civili e Funzione Pubblica della rete di associazioni, fondazioni, comitati, movimenti e consorzi “Calabria Condivisa”, un utile vademecum per cambiare il volto della sanità pubblica nella nostra regione.
Lo ha redatto Ernesto Mancini, avvocato, già direttore amministrativo dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Verona e Direttore del Dipartimento avvocatura, affari generali e provveditorato dell’Azienda Sanitaria Territoriale di quella città. Palmese, presidente onorario di Prosalus Palmi associata a Calabria Condivisa.
Mancini, che ha sempre tenuto vivo e ben saldo il legame con la sua terra d’origine, partecipa con grande entusiasmo e competenza al lavoro della rete “Calabria Condivisa”, mettendo a frutto la propria esperienza maturata nel corso della sua attività dirigenziale all’AOU di Verona.
Lo abbiamo raggiunto telefonicamente per discutere dei punti salienti del documento.
1) Nel documento che hai redatto, indichi come obiettivo la fine del commissariamento della sanità calabrese. E’ davvero così difficile conciliare la garanzia dei livelli essenziali di assistenza sanitaria e il rientro dal debito?
La regione Calabria è stata commissariata nel 2009, cioè ben undici anni fa, perché presentava gravi squilibri economico-finanziari e non garantiva i c.d. livelli essenziali di assistenza cioè le prestazioni minime che il Servizio Pubblico doveva erogare ai cittadini.
Nello stesso periodo anche altre regioni furono commissariate con uguali motivazioni: Abruzzo, Campania, Lazio, Molise, Puglia e Sicilia. Nel corso del tempo però, tutte le regioni, tranne Calabria e Molise, hanno fatto cessare il Commissariamento perché sono riuscite a ridurre il debito nei limiti previsti e, contemporaneamente, hanno reso più efficienti i servizi sia in termini di produttività che in termini di qualità.
Dunque, per quanto sia difficile, non è impossibile uscire dal commissariamento ma al riguardo occorre grande competenza tecnica e capacità manageriale del Commissario (l’ultima esperienza Cotticelli è stata al riguardo pessima). Questa capacità, a sua volta, non è sufficiente se gli uffici regionali che da lui dipendono non sono in grado di realizzare le scelte di miglioramento e se le Aziende Sanitarie ed Ospedaliere in cui si articola il territorio regionale vivono alla giornata senza implementare alcunché in termini di nuovi servizi e di sviluppo di quelli esistenti in applicazione delle direttive nazionali e dei piani commissariali.
2) Troppi atti e pochi fatti in Calabria. E’ questo che ti induce a pensare che il dissesto sanitario della nostra regione sia innanzitutto frutto di inefficienze della fase di attuazione di piani e programmi?
I piani ed i programmi non mancano e, se del caso, ci sono molte regioni virtuose dalle quali si possono mutuare esperienze positive già consolidate nel tempo. Allo stesso modo non mancano i finanziamenti per nuovi investimenti che possono migliorare produttività e qualità delle prestazioni.
Ci sono degli esempi clamorosi al riguardo. Dei nuovi ospedali previsti e finanziati dall’Accordo di programma Stato-Regione del 2007 (Sibaritide, Palmi, Vibo, Catanzaro) nessuno è stato neppure iniziato dopo 13 anni dall’accordo nonostante la loro realizzazione fosse stata dichiarata dal Governo di “somma urgenza”. Anche l’ammodernamento di quelli strategici, operativi su ampi territori (vedi Locri), è tutt’altro che compiuto sicché le strutture diventano sempre più fatiscenti e più costose in termini di manutenzione ordinaria e straordinaria.
Anche dove non c’è bisogno di grandi finanziamenti ma di semplice capacità organizzativa le cose vanno male. Mi riferisco, per esempio, alla nuova organizzazione della medicina territoriale, già operativa in altre regioni, attraverso le Unità complesse di Cure Primarie. Si tratta nuovi modelli organizzativi che migliorano l’assistenza sul territorio mediante l’aggregazione dei medici di base in gruppi ben coordinati.
Come si vede sia per l’assistenza ospedaliera che per l’assistenza di base gli atti ci sono, cioè piani, programmi, finanziamenti, ma mancano i “fatti” cioè la realizzazione delle strutture e l’attuazione dei nuovi modelli organizzativi.
3) A Siderno si manifesta per aprire la Casa della Salute, prevista in sette punti della Calabria. Come è possibile che dallo scorso mese di aprile a oggi non sia stata ancora sottoscritta la convenzione con Invitalia?
Quello della Casa della Salute è un altro esempio di nuovo modello organizzativo previsto e finanziato ma, nonostante ciò, lungi ancora dall’essere realizzato.
Col primo decreto-legge Calabria, cioè, per intenderci, quello approvato dal Consiglio dei Ministri in una seduta straordinaria svoltasi a Reggio Calabria il 30 aprile 2019, si stabilì che importanti appalti per la realizzazione di opere pubbliche in Sanità fossero affidati ad un ente nazionale esterno e di fuori regione quale, appunto, Invitalia. Ciò confidando che si sarebbe fatto prima e meglio. Così non è stato e i fatti lo dimostrano. La scelta si rivelò talmente sbagliata che il Governo Conte 2 ha di recente adottato un nuovo decreto (n. 150/2020) in cui gli appalti possono essere gestiti dalle Aziende su delega del Commissario e non più da Invitalia.
Ora si viene a sapere che la convenzione con Invitalia è stata sottoscritta recentemente. Si tratta sicuramente di un atto importante ma, per tornare al discorso di prima, bisognerà attendere i fatti e cioè che dalla convenzione si passi alla concreta realizzazione dell’opera per la quale occorre definire o verificare i progetti, appaltare i lavori, cantierizzarli, renderli puntuali nella loro esecuzione e così oltre. Occorre perciò molta vigilanza al riguardo e verificare che dagli atti convenzionali si passi ai fatti realizzativi.
4) Tra le proposte contenute nel documento: individuazione e nomina dei responsabili di esecuzione dei programmi, trasparenza, controllo sociale e partecipazione attiva di cittadini e associazioni nelle consulte permanenti. In che ordine d’importanza vanno collocate le singole proposte?
Data la situazione descritta tutti gli elementi indicati hanno eguale importanza ma se proprio si deve fare una graduazione, l’esigenza più immediata è quella di assicurare il c.d. “controllo sociale” sull’attività della pubblica amministrazione sanitaria cioè un controllo costante effettuato dai cittadini organizzati in formazioni sociali (associazioni, comitati ed altro) su inerzie, ritardi ed inconcludenze nonché errate impostazioni dei piani e dei programmi. Non solo attività di vigilanza e controllo ma anche di impulso e di contributo nella fase preparatoria delle scelte.
Oggi la legge favorisce tutto questo attraverso gli istituti dell’accesso civico e dell’accesso generalizzato (vedi decreti legislativi 33/2013 e 97/2016) e soprattutto attraverso la partecipazione all’attività della Pubblica Amministrazione (vedi per la sanità legge 833/78). Le Consulte permanenti che abbiamo proposto nel documento di Calabria Condivisa sono strumenti creati allo scopo sia per il livello di amministrazione regionale sia per il livello di amministrazione delle singole aziende territoriali ed ospedaliere. In questo modo i cittadini potranno interloquire con l’Amministrazione in modo strutturato e costante, ottenere le informazioni sui procedimenti, dare i necessari impulsi per il loro prosieguo, verificare la congruità dei piani e dei programmi, e così oltre. Ai cittadini però vengono richiesti costanza di impegno, di dedizione e di capacità di giudizio.
La partecipazione non è una graziosa concessione dell’Autorità politica od amministrativa ma è un diritto pieno dei cittadini. Quando c’è un diritto c’è il corrispondente obbligo dell’Autorità di riconoscerlo ed attuarlo.
5) A proposito di responsabili del dissesto sanitario: lasci intendere che ‘ndrangheta e malapolitica c’entrino fino a un certo punto. E allora di chi è la colpa?
Come si usa dire in diritto, c’è un concorso di colpa cioè di più fattori che creano il dissesto di cui parliamo. Ora, nei concorsi di colpa può farsi anche una graduazione delle diverse responsabilità e probabilmente può essere che la criminalità organizzata o la malapolitica primeggino in questa ipotetica graduatoria. Sono tuttavia certo che in materia sanitaria l’incompetenza e l’incapacità realizzativa della classe dirigente calabrese, ammnistrativa e tecnica, non siano meno dannose degli altri fattori.
Anche qui un esempio concreto può sostenere il mio dire. La ndrangheta avrebbe tutto l’interesse affinché i nuovi ospedali finanziati da 13 anni venissero realizzati perché ciò avrebbe creato nuova ricchezza da sfruttare nel territorio di riferimento (appalti per l’opera pubblica, subappalti, assunzioni, forniture, servizi, indotto, ecc.). Ed è perciò facile constatare con assoluta certezza che la causa delle mancate realizzazioni sia da rinvenire, come risulta evidente dall’analisi dei procedimenti che la mia Associazione Prosalus di Palmi ha fatto con estremo dettaglio, nella incompetenza ed incapacità ammnistrativa e tecnica dei funzionari addetti. Spiace dire questo ma francamente è così.
Quanto specificatamente alla malapolitica, se intendiamo politica corrotta e criminale questa è del tutto paragonabile alla ndrangheta ed infatti è spesso collegata ad essa. Ma c’è anche la malapolitica non criminale che tuttavia è incapace di realizzare, almeno in sanità, alcunché di buono. Questa incapacità si è distribuita in modo paritario fra le varie componenti politiche come dimostra il fatto che negli ultimi dodici anni si sono avvicendati opposti schieramenti senza che alcuno di essi migliorasse la situazione.