di Gianluca Albanese
SIDERNO – Una primissima analisi del voto del primo turno delle elezioni comunali nella Città più grande del comprensorio (l’unica al di sopra dei 15.000 abitanti e per la quale è previsto il turno di ballottaggio) la si può compiere anche “a caldo”, partendo da alcuni dati inequivocabili.
LA PERCENTUALE DI VOTANTI
Chi pensava a una corsa alle urne dopo tre anni di Comune commissariato è rimasto deluso: ha votato, infatti, il 58,82% dei sidernesi, contro la percentuale del 61,54% che si raggiunse nel 2015 in occasione della plebiscitaria elezione a sindaco di Pietro Fuda.
LE DUE LISTE PRO FRAGOMENI
Il risultato della candidata sindaca è più che lusinghiero, se si considera che alla fine ha riproposto, in pratica, la stessa compagine che avrebbe dovuto concorrere alle elezioni (mai tenute per l’emergenza Covid) nel mese di ottobre dello scorso anno, con un elemento di peso come Giorgio Ruso in meno. A questo si aggiunga che tutte le trattative di accordo politico con altre forze non sono andate a buon fine e quindi l’ex assessore regionale al Bilancio ha dovuto credere fino all’ultimo nell’autosufficienza di stampo renziano della propria aggregazione, risultando prima dei candidati col suo 43%, non molto lontano da quella fatidica soglia del 50%+1 dei voti necessaria per vincere al primo turno.
Basterà l’autosufficienza della candidata a vincere anche al ballottaggio o si cercherà qualche accordo in extremis per mettere in banca la vittoria delle elezioni? Lo scopriremo solo vivendo.
Intanto, prendiamo nota di questa bella affermazione che, se da un lato non vale la vittoria al primo turno, dall’altro premia la costanza del gruppo espressione del circolo cittadino del Pd e dei suoi sostenitori dell’altra lista.
LE CINQUE LISTE DI BARRANCA
Senza scadere nell’ipocrisia ci si aspettava qualcosa in più da chi, come il professor Barranca, già vicesindaco della Città nei primi anni 2000, aveva annunciato da tempo la propria candidatura e negli ultimi due anni era andato dritto come un treno, rifiutando accordi politici con altri pezzi del centrodestra cittadino, preferendo, piuttosto, reclutare numerosi candidati consiglieri.
Una logica aritmetica che non ha premiato soprattutto le liste a sostegno del candidato sindaco: se questi, infatti, rappresenta il 25% degli elettori, la somma dei voti delle liste che lo sostengono è analoga ai voti presi dalla sola lista che sostiene la candidatura a sindaco di Stefano Archinà.
Ora, naturalmente, nulla è perduto in vista del ballottaggio, ma si dovrà lavorare molto di diplomazia con proposte programmatiche meno a effetto e più sostenibili per cercare di colmare il gap di ben 18 punti che separa Mimmo Barranca dalla Fragomeni e di 25 punti e passa che servono per vincere il ballottaggio.
SIDERNO 2030 PER STEFANO ARCHINA’
E’ stata la sorpresa di questo primo turno. Una lista composta in maniera quasi raccogliticcia negli ultimi giorni prima della scadenza utile per la presentazione e un candidato che subiva l’abbandono del gruppo fondatore di #inpiedipersiderno, sfiorano il ballottaggio: 21% contro il 25% del “pentalistato” Barranca. Non solo: come già detto, in attesa dei dati definitivi delle liste, il numero dei voti tributati a “Siderno 2030 per Stefano Archinà” sarebbe simile alla somma dei voti ottenute dalle cinque liste pro Barranca.
Il dirigente arbitrale, sostenuto da una sobria campagna elettorale e da una squadra di persone animate da entusiasmo, ha intercettato i consensi di chi non si riconosceva nel bipolarismo Fragomeni-Barranca, tanto da attirare il sostegno di pezzi importanti della passata amministrazione comunale.
Non rimane, ora, che capire quanti seggi prenderà la lista pro Archinà in consiglio comunale: attualmente sono 2 ma potrebbero diventare addirittura 3.
Quasi un miracolo se pensiamo a quanto accaduto alla fine del mese di agosto.
CUTUGNO E LE SUE LISTE
Una percentuale del 5% al primo turno che non premia la costanza e l’impegno di un anno e mezzo in cui l’avvocato, così come Barranca, ha inteso tirare diritto, proseguendo con l’idea di una sua candidatura autonoma e presentando anzitempo quella che avrebbe dovuto essere la giunta comunale qualora avesse vinto le elezioni.
Il pacchetto di voti rappresentato, inoltre, riduce il peso politico del candidato in eventuali trattative per il ballottaggio e mette a rischio la conquista di un seggio nel civico consesso.
Non proprio un’esperienza fortunata, la sua.
I COMUNISTI UNITARI PER SGAMBELLURI
Se si tiene conto del dato nazionale dei partiti col simbolo della Falce e del Martello e di come è stata composta la lista elettorale a sostegno dello storico leader comunista, il 3% è un risultato di tutto rispetto.
Non garantirà un seggio in Consiglio ma marca un territorio politico ben definito, rappresentando un elettorato dai contorni “rosso vivo”.
LE PROSPETTIVE PER IL BALLOTTAGGIO
Proprio Sgambelluri, secondo quanto riportato dal collega Ilario Balì di La C news, avrebbe lasciato libertà di coscienza ai propri elettori in vista del turno di ballottaggio del 17 ottobre.
Come si determineranno, invece, Cutugno e soprattutto Archinà?
Al momento non è dato saperlo.
Certo è che se dovesse prevalere la logica del voto “per appartenenza” questa potrebbe premiare la ricerca di apparentamenti per il turno di ballottaggio.
Ma l’opinione prevalente è che i due candidati sindaci in vista del ballottaggio saranno soli, uno di fronte all’altro, e che gli elettori che esprimono il voto d’opinione sceglieranno liberamente e senza condizionamenti sulla base delle proprie convinzioni.
Magari sentendosi, per un giorno, come lo chef Alessandro Borghese che nel suo show “Quattro ristoranti”, ama ricordare sempre che con il suo voto può “confermare o ribaltare il risultato”.