di Patrizia Massara Di Nallo (foto fonte Ansa)
Ad un anno dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto legge sulle liste d’attesa, tre dei sei decreti attuativi non sono stati ancora pubblicati. Questo è quanto emerge da un’analisi indipendente sullo status di attuazione del decreto 73/2024, condotta dalla Fondazione Gimbe, con l’obiettivo, spiega il suo presidente Nino Cartabelotta, “di informare in maniera costruttiva il dibattito pubblico e politico e di ridurre le aspettative irrealistiche dei cittadini, sempre più intrappolati nella rete delle liste di attesa”.
In pratica le lunghe liste d’attesa hanno costretto ben 4 milioni di italiani, pari al 7% della popolazione, a rinunciare alle prestazioni sanitarie.
“Il vero problema non è più, o almeno non è soltanto, il portafoglio dei cittadini, ma la capacità del Ssn di garantire le prestazioni in tempi compatibili con i bisogni di salute”… “Negli ultimi due anni – commenta Cartabellotta – il fenomeno della rinuncia alle prestazioni non solo è cresciuto, ma coinvolge l’intero Paese, incluse le fasce di popolazione che prima della pandemia si trovavano in una posizione di “vantaggio relativo”, come i residenti al Nord e le persone con un livello di istruzione più elevato” (. …) “L’espressione “rinuncia alle cure” è ormai entrata nel linguaggio comune di politici e media, ma dovrebbe essere abbandonata perché fuorviante: la rinuncia infatti, riguarda test diagnostici e visite specialistiche, non le terapie». Secondo la definizione ISTAT, si tratta infatti di persone che dichiarano di aver rinunciato nell’ultimo anno a visite specialistiche (escluse quelle odontoiatriche) o esami diagnostici pur avendone bisogno, a causa di almeno uno dei seguenti motivi: tempi di attesa troppo lunghi, problemi economici (impossibilità di pagare, costi eccessivi), difficoltà di accesso (struttura lontana, mancanza di trasporti, orari scomodi). Va inoltre ricordato che il questionario ISTAT consente risposte multiple: il cittadino può indicare contemporaneamente sia i motivi economici sia i lunghi tempi d’attesa tra le cause della rinuncia. Così Cartabellotta: “È proprio l’intreccio di questi due fattori a rendere il fenomeno ancora più allarmante: quando i tempi del pubblico diventano inaccettabili, molte persone sono costrette a rivolgersi al privato; ma se i costi superano la capacità di spesa, la prestazione diventa un lusso. E alla fine, per una persona su 10, la scelta obbligata è rinunciare”.
Nel 2024 il fenomeno ha registrato un’allarmante impennata perché, secondo le elaborazioni GIMBE su dati ISTAT, il 9,9% della popolazione, cioè circa 5,8 milioni di persone, ha rinunciato ad almeno una prestazione sanitaria, rispetto al 7,6% del 2023 (4,5 milioni di persone) e al 7% del 2022 (4,1 milioni di persone). Il dato è sostanzialmente omogeneo in tutto il Paese, senza differenze significative: 9,2% al Nord, 10,7% al Centro e 10,3% al Sud. Il netto aumento delle rinunce a visite ed esami rilevato nel 2024 è dovuto soprattutto ai lunghi tempi d’attesa e la quota di popolazione che dichiara di aver rinunciato per questo motivo è passata infatti dal 4,2% del 2022 (2,5 milioni di persone) al 4,5% del 2023 (2,7 milioni di persone), fino a schizzare al 6,8 % nel 2024 (4 milioni di persone). Anche le difficoltà economiche continuano a pesare: la percentuale di chi rinuncia per motivi economici è aumentata dal 3,2% del 2022 (1,9 milioni di persone) al 4,2% del 2023 (2,5 milioni di persone), fino al 5,3% del 2024 (3,1 milioni di persone). Intanto nel 2024 quasi 6 milioni di persone hanno rinunciato a prestazioni sanitarie, 4 milioni di rinunce solo per i lunghi tempi di attesa con il +51% rispetto al 2023. Anche secondo l’ISTAT nel 2024 una persona su dieci ha rinunciato ad almeno una prestazione sanitaria, il 6,8% a causa delle lunghe liste di attesa e il 5,3% per ragioni economiche.
La Fondazione GIMBE, che non ha fini di lucro, ha lo scopo di favorire la diffusione e l’applicazione delle migliori evidenze scientifiche con attività indipendenti di ricerca, formazione e informazione scientifica, al fine di migliorare la salute delle persone e di contribuire alla sostenibilità di un servizio sanitario pubblico, equo e universalistico. La Fondazione ha pubblicato un report molto dettagliato sostenendo che il decreto legge per le liste d’attesa è nel pantano: dopo un anno, infatti, mancano metà dei 6 decreti attuativi. Secondo l’analisi sulle liste d’attesa, il problema è anche normativo, perché mancano tre dei sei decreti attuativi della legge 73/2024: uno è scaduto da oltre nove mesi e due non hanno una scadenza definita. Cartabellotta ha infatti affermato: “Il carattere di urgenza del provvedimento si è rivelato incompatibile con un numero così elevato di decreti attuativi”. Dei tre provvedimenti non pubblicati, già scaduto risulta quello sui “poteri sostitutivi da parte dell’Organismo di verifica e controllo sull’assistenza sanitaria”, “al centro di un duro scontro istituzionale tra Governo e Regioni”. Degli due altri decreti il primo, precisa il presidente: “riguarda il superamento del tetto di spesa per il personale sanitario ed è verosimilmente in stand-by per la mancata approvazione della ‘nuova metodologia’ Agenas per stimare il fabbisogno di personale. Il secondo provvedimento, che prevede linee di indirizzo nazionali per un nuovo sistema di disdetta delle prenotazioni e per l’ottimizzazione delle agende Cup, al 10 giugno 2025 non risulta ancora calendarizzato in Conferenza delle Regioni”. E ha concluso: “Le liste d’attesa non sono una criticità da risolvere a colpi di decreti: sono il sintomo del grave indebolimento del Ssn, che richiede investimenti consistenti sul personale sanitario, coraggiose riforme organizzative, una completa trasformazione digitale e misure concrete per arginare la domanda inappropriata di prestazioni sanitarie”. Un’analisi in parte non condivisa dal ministro della Salute Orazio Schillaci: il ministro, infatti, riconosce che “sulle liste di attesa c’è ancora tanto da fare”, ma sostiene “abbiamo intrapreso finalmente la strada giusta per cercare di risolvere questo annoso problema”.
( Fonte Gimbe-Ansa)