di Gianluca Albanese
LOCRI – Ci sono gialli che sembrano frutto della penna di uno scrittore particolarmente capace, ma che in realtà sono fatti veri. Ci riferiamo alla vicenda del ritrovamento e del misterioso trasferimento di una meravigliosa statua del V secolo A.C. che raffigura la Persefone, uno dei principali miti della Magna Grecia. Una storia di strani traffici, di oscuri faccendieri, di trame torbide e di quello che viene percepito come un vero e proprio scippo a Locri Epizefiri.
Il saggio “Sulle tracce di Persefone, due volte rapita” scritto dall’ingegnere, storico e docente Pino Macrì (2015, Laruffa editore) dovrebbe essere letto da chiunque abbia a cuore le sorti del nostro patrimonio archeologico e lo sviluppo turistico basato proprio sulle nostre ricchezze storiche e dell’età antica.
Narra di una storia rimasta privata, nell’ombra, per circa 24 secoli e di una vicenda pubblica che inizia poco più di un secolo fa, precisamente nel 1914 quando venne custodita a Parigi e destò l’interesse del grande pubblico, tanto da suscitare un grande clamore nella capitale francese, alla soglia dell’inizio della Prima Guerra Mondiale.
Per una strana concatenazione di coincidenze, i giudici parigini accolsero la richiesta di un sedicente diplomatico e collezionista siciliano, tale Tom Virzì, che esibì un certificato di proprietà che la magistratura transalpina reputò autentico e che diede la stura alla vendita del prezioso reperto al museo di Berlino, laddove è tuttora custodita.
Un tesoro che rimase lì dopo la Grande Guerra e che la Germania sconfitta si tenne stretta, per la gioia dei suoi visitatori, tanto che non si pose il problema della sue reale origine: secondo la relazione dell’archeologa Zanzari-Montuoro, infatti, fu rinvenuta a Taranto durante gli scavi necessari alla costruzione di un palazzo, mentre nel 1960 un gruppo di giovani studiosi locresi, capitanati dal compianto Gaudio Incorpora, sollevò la questione relativa alle sue origini locridee, sulla scorta di quanto emerse dalle dichiarazioni del fattore Giovinazzo, a inizio ‘900 alle dipendenze di Vincenzo Scannapieco, che dichiarò pubblicamente di avere assistito allo scavo e al ritrovamento della Persefone che poi, misteriosamente, venne trasferita nottetempo verso un vicino scalo navale, per essere trasferita altrove.
Un giallo tutto locrese, corroborato dalla pubblicazione del romanzo “Mastrangelina” di Corrado Alvaro, in cui si narra una storia molto simile a quella del ritrovamento della preziosa statua sulle rive dello Ionio.
Un’origine locrese a sostegno della quale ci furono numerose iniziative, dalla petizione promossa da Incorpora e indirizzata all’allora Capo dello Stato Giuseppe Saragat per fare tornare la statua della Persefone a Locri, e da un’inchiesta della locale Procura della Repubblica che però venne archiviata nel 1968.
Una vicenda che getta ombre di dubbio sulla condotta tenuta all’epoca da molti personaggi illustri della storia di Locri, dallo stesso Scannapieco all’archeologo Paolo Orsi, e che non si concluse con l’archiviazione da parte della Procura di Locri.
Nel biennio 1997-98, infatti, i parlamentari reggini di allora Aloi e Meduri rivolsero un’interrogazione all’allora ministro dei Beni Culturali Walter Veltroni, la cui replica, tra il burocratico e il pilatesco, non sostenne per nulla le rivendicazioni di chi sosteneva la causa delle origini locresi del prezioso reperto, la cui esposizione temporanea alla mostra internazionale di Venezia del 2000 venne negata dalle autorità tedesche, nonostante fosse inserita nel catalogo, e che trovò nuove argomentazioni a sostengo della causa locrese nel 2002, quando l’editore Franco Pancallo ristampò un libro del 1924 in cui si fanno chiari riferimenti al ritrovamento della statua a Locri.
E se il libro di Pino Macrì si completa con 18 considerazioni finali sulle origini della statua e il suo legame all’antica Locri, arricchiti da una ricca documentazione storica, quel che è certo è che la battaglia del docente nostro conterraneo per la rivendicazione delle origini locresi della statua non è mai cessata. Anzi, Macrì non perde occasione per ribadire, in ogni incontro pubblico, che il trasferimento della statua al museo archeologico di Locri avrebbe effetti assai positivi sul turismo archeologico nella nostra terra, e per comprendere appieno l’antico e indissolubile legame tra il mito di Persefone e l’antica Locri, è utile, a nostro avviso, rileggere la cronaca di questo recentissimo convegno promosso dall’Associazione Italiana di Cultura Classica e il Sidus club:
DEMETRA E PERSEFONE I due miti al centro di un convegno organizzato da Sidus e Aicc