di Domenica Bumbaca ed Emanuela Alvaro
LOCRI – Con la notizia dell’avvio della procedura 223, afferente al licenziamento collettivo avviato al call center, coinvolgendo oltre 120 dipendenti, inevitabile lo sconcerto e la paura per il futuro da parte dei diretti interessati, molti dei quali hanno come unico sostentamento economico proprio lo stipendio derivante dal lavoro a Call&Call Lokroi.
“NOI NON SIAMO NUMERI” è l’hashtag che ha iniziato a circolare sui social network e che racchiude preoccupazioni e stati d’animo.
In questi giorni pubblicheremo le storie di alcuni di loro che ringraziamo per averle voluto condividere con noi, ma soprattutto con tutti voi!
– Laureata e alla ricerca di un lavoro. Il call center un’opportunità – Luana F.
Laureata in scienze dell’educazione e della formazione trovo lavoro in un asilo privato dove ahimè vengo sfruttata ma mai gratificata per quello che doveva essere il mio piccolo guadagno e allora cosa faccio?
Purtroppo siamo in Calabria non ho soluzioni, devo trasferirmi per poter trovare un’occupazione, ma io non mollo! Vengo a conoscenza di questo Call Center sito a Locri che fa “campare” centinaia di famiglie. Mi informo e inizio questo percorso. Tutto ebbe inizio a gennaio 2011, non ci credevo finalmente avevo trovato un lavoro serio e meritevole!!adesso a distanza di tanti anni ci ritroviamo di fronte a “rischio licenziamento” per aver deciso di portare la campagna fuori…fuori da qui…lontano dalla nostra Locri…dove noi ci abitiamo, siamo nati e cresciuti qui, abbiamo costruito una famiglia grazie a questo lavoro!
La decisione non può essere questa…decidere di rovinare le famiglie di 130 persone, di lasciarle in mezzo alla strada…perché parliamoci chiaro siamo a Locri…dove non esiste una realtà lavorativa…dove andremo a finire noi??? Qualcuno ci ha pensato a noi…ai nostri figli…ancora inconsapevoli del mondo crudele in cui sono nati… …spero si arriverà ad una soluzione che eviti questa disgrazia…perché solo così la possiamo definire!#noinonsiamodeinumeri
– Questo lavoro mi ha ridato la dignità – Marzia F.
Era il 2007 e avevo appena compiuto cinquantadue anni, lavoricchiavo come badante, ma ero mal pagata e mal considerata. Cercavo un vero lavoro che potesse ridarmi la dignità che solo il lavoro serio ti può dare. Tra l’altro avevo di figli adolescenti che studiavano e che avevano bisogno di sostegno.
Qualcuno mi fece il nome del Call&Call ed io, da sempre ottimista, presentai la richiesta e “miracolo” fui chiamata. Dopo aver superato i test, il 12 ottobre iniziai a lavorare, ovviamente i primi giorni furono impegnativi…..mi raffrontavo con colleghi molto più giovani di me, più esperti, ma anche molto protettivi nei miei confronti ed io li amai come se fossero stati figli miei! Meravigliosi con me così come i supervisor. Per non parlare del nostro Capitano che metteva tutti a proprio agio!
Inutile provare a raccontare l’emozione del primo assegno e della tredicesima, mai avuta! E che dire quando nel 2008 siamo stati stabilizzati, quella firma che sanciva che eri assunto a tempo indeterminato! Mi sono sentita realizzata finalmente!!!
Sono passati dieci anni, ho aiutato i miei figli, ho contribuito in modo proficuo al reddito familiare (mio marito qualche anno fa ha perso il lavoro).
Questi anni per me, nonostante le batoste della vita, sono stati belli. Il call center è la mia vita! Ma ora? Io non sono un numero, sono una persona, vivo a Locri la mia città e non intendo perdere la mia dignità di donna e di lavoratrice.
L’indipendenza economica e l’amore per il lavoro – Patrizia D.
Mi ero appena sposata ed ebbi l’opportunità di iniziare a lavorare. Era l’anno 2006 e quando iniziai fu un po’ difficile abituarsi a questo lavoro perché mi sembrava strano non essere faccia a faccia con le persone (dato che prima ho lavorato sia in un ristorante che in un supermercato). Così capii che dovevo puntare sulla voce e trasmettere al cliente la sensazione di vedermi di persona. Ovviamente ci furono alti e bassi e solo col passare degli anni ho acquistato quella sicurezza che mi ha aiutato a perfezionarmi nel mio lavoro. Questo lavoro mi ha aiutato soprattutto a superare la malinconia perché originaria di Torino e non avendo la mia famiglia qui, il lavoro al call center è diventata la mia seconda famiglia dopo quella di mio marito.
Sono sempre stata una persona disponibile sul lavoro e non mi tiravo mai indietro per straordinari e domeniche perché per me il lavoro è tutto. Per me non è solo una questione economica (ovviamente al primo posto), è anche uno svago dalla routine famigliare ed è per questo motivo che se restassi a casa non mi sentirei serena e soddisfatta, perché mi mancherebbero quelle ore della giornata dedicate al lavoro. E poi vuoi mettere l’indipendenza economica da mio marito e la possibilità di dare un futuro sereno ai miei due bimbi? Tutto perché sono stata abituata a lavorare fin da quando avevo quindici anni. Per me, per la mia famiglia e per tutti noi spero si possa trovare una soluzione in positivo.
Tanta voglia di ricominciare. Crescere due figlie da sola è stata un’impresa ma quante soddisfazioni grazie anche al mio lavoro – Maria B.
Questa è la mia storia. Mi chiamo Mariella, ho 2 figlie, sono laureata, sono divorziata e lavoro in Call&Call da 10 anni. Inizio a lavorare subito dopo la separazione poiché ero senza lavoro con 2 figlie da mantenere e tanta voglia di ricominciare. Grazie al lavoro che mi viene offerto in questa società riprendo in mano la mia vita ricominciando praticamente da zero. In questi anni io e le mie figlie abbiamo condotto una vita dignitosa ma soprattutto ho potuto affrontare i problemi di una donna sola in una terra dimenticata dallo Stato e quando talvolta si è spinti dalla disperazione di chi è senza lavoro ti senti abbandonata anche da Dio. Non ho mai percepito alcun mantenimento dal mio ex marito o dalla sua famiglia, seppur lavorasse e usufruisse delle detrazioni delle mie figlie. In questi anni sono riuscita a crescere le mie ragazze facendo conseguire il diploma a mia figlia Miriam ( che peraltro porta il mio cognome) oggi studentessa universitaria e alla piccola Ester la 5 elementare. Nel luglio 2012 la nostra vita è segnata da una malattia che mi ha spinta a recarmi al Nord affinché potessi operarmi e curarmi per poter ritornare e riabbracciare le mie figlie. I controlli non finiscono mai a tutt’oggi, ma in tutto ciò ho sempre avuto una certezza e tranquillità: il mio
lavoro. Se oggi sono qui a raccontare la mia storia e la posso raccontare e solo per dimostrare la mia gratitudine per Call&Call. Non voglio pensare che possa finire drammaticamente perché ciò significherebbe la nostra fine in una terra che non ti da altre alternative e ricominciare non sarà certamente facile.
– La mala sorte – Vittorio S.
Hai 40 anni, una compagna che ha deciso di starti accanto, un lavoro che ti permette di vivere con dignità e senza frustrazioni. Dopo aver vissuto per cinque anni tra Modena e Mestre, dove il lavoro era duro e faticoso, ma il tuo cuore era sempre a Locri, dopo aver sacrificato anche gli affetti per un posto di lavoro, da 10 anni la mia vita ha iniziato a sorridere, perchè nel luogo dove sei nato, accanto alla famiglia e agli amici, con un lavoro retribuito regolarmente, tutto ha un senso. Ma adesso un senso non lo trovo, perché come me, molti sono gli uomini e le donne, che dovranno ricominciare. Ricominciare a 40 anni non è come quando ne avevi 20.
Allora, da giovane, nonostante tutti i problemi, rimasto orfano di padre solo all’età di 17 anni, la vita non sorride e la strada da fare è tutta in salita. Emigrare è stata l’unica alternativa. Adesso emigrare per andare dove?
Non c’è una meta a 40 anni che ti può permettere di essere un cittadino normale, perché se non hai un lavoro a 40 anni, non hai un futuro.
Il mio futuro? Dovrei pensare alla vita di coppia, ad una famiglia, alle passioni, perché con Call &Call avevo trovato un equilibrio mentale e fisico.
La mia indole mi porta ad abbandonare tutto, ad arrabbiarmi col mondo, perché qui in Calabria, quando c’è qualcosa di positivo, si frantuma, e non c’è un se e non c’è un ma. Tutto crolla adesso e
ricostruire sarà complicato. La “mala sorte” direbbe qualcuno. Adesso, che le nostre forze erano impiegate nel nostro lavoro quotidiano, dovranno triplicare anche con la decisione di un committente che, per interessi propri, decide la sorte di 129 uomini e donne di un territorio delicato e avverso.