di Gianluca Albanese (foto d’archivio di Enzo Lacopo)
In coda le espressioni di solidarietà degli amici (Foto e Video di E.L.)
RIACE – Una ventina i reati contestati a Mimmo Lucano e agli altri 21 indagati dell’operazione “Xenia” eseguita stamani dalla Guardia di Finanza – Gruppo di Locri e diretta dalla Procura di Locri, che ha portato agli arresti domiciliari per il sindaco di Riace Mimmo Lucano e il divieto di dimora a Riace per la sua compagna, la 36enne etiope Lemlem Tesfahun.
Di fronte a un quadro accusatorio così pesante, però, sono solo due i reati per i quali il Gip Domenico Di Croce ha rilevato la sussistenza di un grave compendio, tale da giustificare ulteriori misure cautelari.
Dunque, rispetto alle aspettative degli inquirenti, si sgonfia – e parecchio – la portata dell’operazione.
Ma analizziamo, seppur in maniera schematica, i reati ascritti in dettaglio, ricordando che il Gip ha ritenuto punibili quelli al capo T (turbata libertà degli incanti) e al capo Y (favoreggiamento dell’immigrazione clandestina).
Cade il capo A, ovvero l’accusa di associazione a delinquere, e i seguenti, fino al capo Q.
Venendo meno il reato associativo, dunque, viene fuori una condotta superficiale e a volte spregiudicata del sindaco e del suo entourage, finalizzata non al perseguimento di vantaggi personali, ma a perseguire finalità connesse ai progetti di accoglienza, anche con metodi machiavellici.
Molti, però, i reati contestati non riconosciuti dal Gip,che proviamo a compendiare in questo modo, dopo una prima lettura dell’ordinanza di misura cautelare.
CAPO F
TRUFFA AGGRAVATA PER IL CONSEGUIMENTO DI EROGAZIONI PUBBLICHE
Il Gip rileva nell’ordinanza “un errore tanto grossolano – è scritto negli atti – da pregiudicare irrimediabilmente la validità dell’assunto accusatorio: la Guardia di Finanza, infatti, quantifica l’ingiusto profitto conseguito dagli enti attuatori nel totale delle somme incassate, invece della differenza tra le erogazioni incassate e le spese sostenute e documentate come riconducibili ai progetti di accoglienza”. Le altre contestazioni sono indimostrabili.
CAPO G
FALSITA’ IN ATTO PUBBLICO COMMESSO DA UN PUBBLICO UFFICIALE
Riguarderebbe l’emissione di 56 false determine per ottenere la liquidazione propedeutica all’erogazione del rimborso dei costi di gestione dei servizi CAS e SPRAR. Secondo il Gip “Nonostante l’estensione del capo d’imputazione, deve rilevarsi che nella richiesta di misura le considerazioni addotte a sostegno della sua fondatezza sono quanto meno laconiche.
Nemmeno qui è delineabile, dunque, alcun grave compendio indiziario”.
CAPO I
CONCUSSIONE ai danni di un commerciante di generi alimentari e diversi, consistente nella richiesta, da parte del sindaco e del suo braccio destro Tonino Capone, dell’emissione e della consegna di fatture per operazioni inesistenti, denunciate il 19 dicembre 2016 dallo stesso esercente. Secondo il Gip, la tesi accusatoria del commerciante avrebbe meritato un maggiore sforzo investigativo da parte degli inquirenti e “Il denunciante è persona tutt’altro che attendibile”.
Va escluso il grave quadro indiziario anche per il capo I.
CAPO L
MALVERSAZIONE AI DANNI DELLO STATO
Riguarda l’acquisto, coi soldi dei progetti di accoglienza, di arredi e ristrutturazione di tre case e un frantoio, altre spese e copertura parte dei costi dei concerti estivi.
Secondo il Gip la tesi accusatoria appare non persuasiva, poiché congetturale. “Non si può affermare – scrive il Gip – che Città Futura abbia acquisito beni e denarro per finalità estranee a quelle per cui era stato erogato”.
Anche per il capo L, dunque, va escluso il compedio indiziario idoneo a sorreggere l’accoglimento dell’istanza cautelare.
CAPI D ed E a carico degli indagati Maiolo e Taverniti
TRUFFA AGGRAVATA AI DANNI DELLO STATO
Attestazione falsa della presenza di un cingalese a Riace, mentre questi era a Milano. Idem per un malinese che lavorava fuori. Fatti riscontrati, ma vanno sottratte solo le somme delle erogazioni governative relative al periodo di permanenza fuori Riace dei due immigrati.
CAPI O, P e Q affido diretto a coop “L’Aquilone”
L’accusa sostiene che nel biennio 2016-2017 la pulizia della spiaggia non sia mai effettuata dalla coop l’Aquilone, bensì da alcuni dipendenti di Città Futura, coop riconducibile allo stesso Lucano e presieduta da Tonino Capone. Nelle intercettazioni, Lucano contesta a Tonino Capone di curare solo i propri interessi, anche a scapito del decoro urbano del paese.
Secondo il Gip gli investigatori hanno omesso di controllare direttamente i lavori, senza nemmeno assumere informazioni sommarie da persone informate sui fatti, indebolendo ulteriormente l’impianto indiziario lumeggiato dall’accusa.
Anche per i quadri O P e Q viene esclusa la sussistenza di un grave quadro indiziario.
Veniamo, ora, alle ipotesi di reato riconosciute valide dal Gip.
CAPO T TURBATA LIBERTA’ DEGLI INCANTI
Affido diretto a Ecoriace e L’Aquilone il servizio di raccolta e smaltimento rifiuti.
Entrambe non sono iscritte all’albo regionale delle cooperative sociali (necessario per procedere alla stipula di convenzioni, in deroga alle norme sull’evidenza pubblica). All’inconveniente, l’amministrazione comunale ha provato a ovviare predisponendo un albo comunale delle coop sociali, non valido ai fini del riconoscimento delle stesse coop.. Per la verità, nel 2011 entrambe le coop fecero richiesta d’iscrizione all’albo regionale, ma venne respinta.
Ambedue si occupano della raccolta differenziata porta a porta con gli asinelli (nel borgo antico), che però nel 2017 non è andata oltre la percentuale certificata dall’Arpacal del 26,80%.
Qui il grave compendio accusatorio c’è. Da notare che il funzionario comunale Zappia ha dichiarato di aver avvisato il sindaco sui rischi corsi nell’affidamento diretto del servizio.
CAPO Y FAVOREGGIAMENTO DELL’IMMIGRAZIONE CLANDESTINA
Falsi attestati rilasciati a un’etiope e un tentato matrimonio di comodo tra Giosi, settantenne di Riace e la trentenne Sara.
Nelle intercettazioni, Lucano spiega a Joy (la giovane), che a Napoli era costretta a prostiruirsi, le difficoltà nella sua regolarizzazione, comuni a tutte le nigeriane, dicendo, tra l’altro “Adesso al Governo nuovo c’è uno che si chiama Minniti, una brutta persona. Vi cacciano via”. Il progetto non va in porto perchè il promesso sposo non ricordava il nome della promessa sposa nel corso della cerimonia.
C’è, inoltre, la falsa attestazione dello status di nubile della compagna Lemlem, che invece era sposata in Libia. Per ottenere la liberazione del suo nuovo promesso sposo, trattenuto in Etiopia, Lucano chiama l’ambasciata italiana in Argentina, chiedendo d’intercedere con quella in Etiopia.
Qui, il compendio accusatorio regge, perchè sono diversi i tentativi di favorire l’ingresso di stranieri in Italia mediante l’espediente dei matrimoni.
Alla fine le misure di custodia domiciliare adottate si giustificano solo col pericolo di reiterazione del reato, non sussistendo quelle di inquinamento delle prove o di fuga.
Pertanto, a Lucano vengono disposti gli arresti domiciliari e alla compagna Lemlem il divieto di dimora a Riace.
Foto e Video con le interviste
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