di Antonella Scabellone
LOCRI- Non c’era la banda ad aspettarlo, né bandiere tricolori sventolanti.Nessuna manifestazione pomposa, né una folla oceanica a Locri questa mattina. Eppure uno come lui mancava qui da 50 anni. Ma il capo dello stato non era atteso per fare passarella. Doveva portare il suo tributo alla XXII Giornata della memoria e dell’impegno organizzata da “Libera” contro la mafia.
Uno stadio pieno per quanto consentito, una cerimonia breve e molto intensa, tanta emozione, poche parole, e centinaia di strette di mano.
Questa doveva essere, e questa è stata, la fugace, ed attesissima visita di Sergio Mattarella nella Locride. Il presidente della Repubblica, accompagnato dal Ministro dell’Interno, Marco Minniti, e dalla presidente della Commissione parlamentare antimafia, Rosy Bindi, è salito sul palco per ultimo, ma non si è limitato a portare conforto con le parole del suo discorso ufficiale ai familiari delle vittime di mafia venuti da tutta Italia. E’ voluto scendere tra la folla prima di andarsene dalla porta principale, tra un cordone di forze dell’ordine in borghese; prima, salutando tutte le autorità, civili e religiose presenti, sedute nei posti riservati del pala-tenda appositamente allestito per l’evento; poi fermandosi con la gente comune che gli andava incontro, e a cui non ha lesinato strette di mano, carezze, e anche qualche abbraccio affettuoso.
Come quello con Pasqualina Ruffo, figlia di Nicola, ferroviere ucciso a Bari nel 1974 durante una rapina, che gli ha rivolto l’invito, non rimasto inascoltato: “presidente, lei che ha condiviso il mio stesso dolore, interrompa il cerimoniale e mi abbracci”..
Una giornata splendida, quasi estiva, ha fatto da cornice a una manifestazione molto partecipata, che ha richiamato i sindaci di tutta la Locride, i massimi esponenti degli organi provinciali e regionali, il mondo della chiesa con le sue autorità, le forze dell’ordine, gli esponenti della scuola e dell’associazionismo. E tanta gente comune, di tutte le età.
Una giornata dove è emerso, ancora una volta, il grande carisma di Don Luigi Ciotti, un vero leader in grado di spostare folle da una parte all’ altra della penisola.
Impeccabile il servizio d’ordine, che ha permesso lo svolgimento tranquillo della manifestazione, seguita da centinaia di persone, molte delle quali ospitate nella tribuna coperta dello stadio. Quelle stesse persone che al passare del presidente, diretto verso l’auto che lo avrebbe riportato all’aeroporto di Lamezia, come risposta al suo saluto ha improvvisato l’ inno nazionale.
Ma oggi non doveva essere la giornata di Mattarella, ma della memoria e dell’impegno. E anche il presidente aveva qualcuno da ricordare, il fratello Piersanti, governatore della Sicilia ucciso nel 1980 da Cosa Nostra, il cui nome è stato letto, insieme ad altri 950, dai familiari delle vittime innocenti di mafia nel corso della manifestazione. Circostanza che è stata ricordata dal vescovo di Locri-Gerace, Monsignor Francesco Oliva che, nel suo discorso, ha fatto riferimento al Capo dello Stato come familiare di vittima della mafia.