di Maria Antonella Gozzi
«Una come me passa inosservata, sono i vantaggi dell’insignificanza (…) non essere bella è stato un magnifico passe-partout, puoi andare dappertutto indisturbata, non entri in conflitto con altre donne e con gli uomini ti poni alla pari. Vi pare poco?» E’ Bianca che parla, la minuta e sensibile protagonista dell’ultimo libro di Annarosa Macrì, dal titolo “Corpo estraneo” (Rubbettino, 2017).
L’autrice, giornalista e scrittrice, ha lavorato in Rai nella redazione calabrese e accanto a Enzo Biagi. Ha già pubblicato A Berlino un bouganville (1988), Il mercante di storie (2009), Alì voleva volare (2010), L’ultima lezione di Enzo Biagi (2008) e Da che parte sta il mare (2013), vincendo il premio Moncalieri per la narrativa; si consacra, con questo ultimo suo sforzo letterario, una narratrice d’altri tempi, capace di riportarci alle più alte dimensioni intimistiche senza banalizzarne mai i confini.
Ma partiamo dalla scelta stilistica compiuta da Annarosa. E’ importante per comprendere appieno l’intento narrativo; ogni capitolo ha un nome di donna, tranne uno: il primo. Capitolo 1: “Il professore Leopardi” è l’unico nome proprio di persona maschile che appare. E si frappone al fluire delle emozioni che Bianca – la protagonista – è costretta a un certo punto della sua storia, a schiacciare per fare spazio a un Corpo estraneo che si sta facendo strada più che nel suo fisico, nella sua anima.
Già, perché Bianca desidera scrivere la sua storia e, per farlo, ha il bisogno di specchiarsi nella vita di altre donne. E’ una necessità, perché la sua vita non sembra essere abbastanza interessante. Bianca è calabrese ma soprattutto è piccola, minuta e scura: la prima contraddizione che si evince sono i colori della sua pelle contro il “non colore” del suo nome.
Un papà giornalista, una mamma insegnante e tre sorelle, rappresentano il suo principale bagaglio di affetti dal quale si snoda un rivolo di emozioni che si dipanano come una matassa lungo le vie e le vite che incontra sul suo cammino.
Quando l’unica cosa importante è, tuttavia, organizzare il bagaglio vero – quello che si prepara per partire e per allontanarsi da Reggio Calabria – la voce narrante perde l’equilibrio apparente che aveva imparato a mantenere nella sua vita, prima di allora. La cosa straordinaria è che lei stessa ancora non lo sa, assolutamente coinvolta dal desiderio di immergersi nello studio. Voleva diventare giornalista. E lo sapeva bene cosa volesse dire fare il “giornalista”. Lo aveva capito guardando lavorare il suo papà: non c’è momento o spazio libero lasciato al caso. La notizia arriva e devi coglierla. E come spiegherà a una sua tirocinante, qualche tempo dopo: «devi essere anche in grado di farla cadere nel vuoto una notizia, nasconderla, renderla invisibile agli occhi del mondo».
Borsa di studio, Collegio delle Marianne a Milano, il ‘68, la protesta studentesca, le prime occupazioni all’Università, il boom economico, la sfrontata nobiltà, i primi amori, una separazione che duole ancora nel petto. E, soprattutto, i primi “corpi estranei” da espellere, possibilmente senza troppo dolore…e così, Marcella, Zaira, Gaia, Dora, Giulia…da potenziali soggetti di un dipinto, diventano la luminosa cornice della vita “insignificante” e “senza colore” di Bianca.
Il libro verrà presentato, alla presenza dell’autrice, sabato 24 febbraio alle 17.30 nello spazio culturale “MAG” di Siderno.