di Gianluca Albanese (foto e video di Enzo Lacopo)
LOCRI – «La nostra è un’opera di sensibilizzazione contro la devastazione che seguirà a questa forma di secessione mascherata da autonomia differenziata». Le parole del docente dell’Unical Battista Sangineto, vice presidente dell’associazione “Osservatorio del Sud” hanno sintetizzato al meglio lo spirito dell’incontro dal titolo “Buon compleanno Italia, fra autonomia differenziata e Nuovo Risorgimento” promosso dal comitato provinciale di Reggio Calabria dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, che ha avuto luogo ieri pomeriggio a palazzo Teotino-Nieddu del Rio a Locri, col patrocinio della locale amministrazione comunale.
Davanti a un buon pubblico, composto in larga parte da intellettuali, storici e figure istituzionali del comprensorio, haaperto i lavori il presidente dell’IsRi Pino Macrì, che con l’ausilio di alcune immagini proiettate ha compiuto un esauriente excursus sul contributo dato dai meridionali all’Unità d’Italia, smontando pezzo per pezzo e sulla scorta di dati ufficiali reperiti negli archivi istituzionali e nei bilanci dei Comuni locridei dal 1800 al 1900, le tesi neo-borboniche che da diversi anni alimentano la corrente di pensiero che fa capo al giornalista e scrittore Pino Aprile. «Voglio ristabilire – ha detto Macrì – la verità storica contro tutte le bufale propinate in questi anni, compresi i falsi storici che chiunque può verificare semplicemente navigando sul web».
A seguire la relazione tecnica di Carmine Barbaro, ex sindaco di Locri e funzionario regionale, che ha ripercorso tutti i passaggi legislativi «Iniziati – ha detto Barbaro – nel 2001, con la riforma del titolo V della Costituzione che ha rovesciato il rapporto tra Stato e Regioni dando la stura al processo di revisione della Carta Fondamentale della Repubblica (in particolare l’articolo 116) che attraverso l’autonomia differenziata sta facendo perdere la simmetria originale». «Nel 2007 – ha proseguito Barbaro – Lombardia e Veneto, attraverso due referendum regionali, pigiarono il piede sull’acceleratore verso una maggiore autonomia, fino ad arrivare all’intesa formalizzata nello scorso mese di febbraio con l’aggiunta dell’Emilia Romagna, che sebbene abbia richiesto un numero inferiore di materie per le quali chiede maggiore autonomia, è andata avanti sul piano istituzionale, senza ricorrere al referendum, mentre ora sono altre 6 le regioni che chiedono maggiore autonomia: Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria, Marche e Campania. Alla base della riforma c’è un dato fondamentale costituito dalla spesa pro capite per l’erogazione delle prestazioni pubbliche, che premia le regioni cosiddette “virtuose” a scapito delle altre».
Senza sconti e dal taglio più politico la relazione di Battista Sangineto, che ha inizialmente ricordato che «Già nel 2018 l’Osservatorio del Sud aveva segnalato i pericoli di una strisciante secessione che costituisce una questione da affrontare in prospettiva europea e che si traduce in un vero e proprio attacco allo stato di diritto che divide gli uomini e gli animi, vero e proprio brodo di coltura della Lega. A Salvini – ha ribadito – i flussi economici a favore delle regioni più ricche interessano molto di più dei migranti e di Mimmo Lucano, che invece vengono usati come armi di distrazione di massa che – ahinoi – gli fanno aumentare i consensi anche nel Sud».
Ma non ci sono solo le politiche leghiste nel mirino di Sangineto, che non ha fatto sconti nemmeno ai governi di centrosinistra a guida Pd. «Basti ricordare – ha detto – che la riforma del titolo V della Costituzione venne approvata con un solo voto di scarto in Parlamento l’ultimo giorno di legislatura dell’allora Governo Amato, il cui percorso proseguì con l’esecutivo Gentiloni, che il 28 febbraio 2018, quattro giorni prima della fine della legislatura, strinse una pre-intesa con le regioni del Nord che chiedono maggiore autonomia. Per fortuna, ci sono stati molti parlamentari meridionali del Movimento 5Stelle, che lo scorso 15 febbraio si sono opposti all’approvazione dell’intesa definitiva, rimandandola, anche se non si sa fino a quando. Gli stessi consiglieri regionali del Pd delle regioni interessate hanno votato a favore di una riforma che col meccanismo di redistribuzione del cosiddetto “residuo fiscale” andrà ad avvantaggiare i cittadini di Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Piemonte e Toscana, mentre i più penalizzati saranno soprattutto i calabresi, seguiti dagli abitanti di Sardegna, Basilicata e Puglia. Di questo passo – ha proseguito – salterà il servizio sanitario nazionale e ogni cittadino sarà costretto a curarsi nella propria regione, a meno che non voglia sostenere di tasca propria dei costi supplementari per la differenza tra la spesa pro capite stabilita pro i calabresi e quella in vigore nella regione in cui andrà a operarsi. Analoghi effetti ci saranno sul sistema scolastico, con ogni regione che si farà i propri programmi e il fabbisogno di personale, che sarà assoggettato da contratti collettivi su base regionale, e sulle stesse soprintendenze ai beni culturali, archeologici e paesaggistici, che passeranno dal Mibac alle regioni, spianando la strada a colate indiscriminate di cemento. Mi auguro che ci sia qualcuno in grado di opporsi a questo processo, che siano i 5Stelle o anche Forza Italia e Fratelli d’Italia».
Ne è seguito un lungo e partecipato dibattito.
Ilario Ammendolia, che sta per dare alle stampe il suo attesissimo libro, ha ricordato come «L’associazione 22 ottobre è stata la prima a cercare di smuovere le coscienze su certi temi, sebbene politici e intellettuali abbiano disertato il campo. Oggi – ha proseguito – la presenza della ‘ndrangheta è solo un alibi per non investire in Calabria e lasciare spazio, come sempre alle forze dominanti».
Lo storico Mimmo Romeo ha definito Pino Aprile «Un mistificatore che fa il gioco della Lega e dei secessionisti», mentre l’assessore al Bilancio della Regione Calabria Mariateresa Fragomeni ha ricordato che «Sono stata io, nel 2018, dopo aver partecipato alla Conferenza delle Regioni, a sensibilizzare le altre regioni meridionali e a cercare di mettere i paletti contro il gioco in atto, teso a favorire le regioni più ricche del Nord. Sia ben chiaro – ha proseguito l’assessore – che è giusto che ci siano meccanismi di premialità per le regioni gestite meglio, però dobbiamo recuperare la centralità del fondo perequativo, alimentato dalle imposte su base nazionale, e arginare quella che appare come una vera e propria modifica della Costituzione senza la procedura aggravata prevista dall’articolo 138. Come regioni del Sud – ha concluso – abbiamo istituito un tavolo di concertazione per poter essere ricevuti dal presidente Conte e pretendere l’emendabilità, in Parlamento, dell’intesa tra Stato e Regioni».
L’ex sindaco di Bianco Antonio Scordino ha recitato il mea culpa pensando «A come Salvini è stato osannato a San Luca durante la visita dello scorso 15 agosto e per lo stato in cui versa la sanità nel mezzogiorno. Si sta andando al tutti contri tutti», mentre il giovane storico bovalinese Davide Codispoti è tornato sul contributo popolare all’Unità d’Italia e il politico e scrittore calabrese residente in Emilia Pietro Sergi ha rimarcato come il ricorso ai referendum abbia un senso solo se su scala nazionale.
Insomma, la sensazione diffusa è che al termine dell’incontro di ieri ci sia molta più consapevolezza sulle tematiche trattate, segno che l’obiettivo è stato raggiunto e nelle prossime settimane l’Istituto per la Storia del Risorgimento italiano darà vita a nuovi incontri nel nostro territorio.
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