Si può conoscere la realtà di Riace in maniera scevra da condizionamenti e posizioni precostituite? Certo che si può. Magari leggendo un saggio come “Bronzi, santi e rifugiati. Il caso di Riace” (2018, Castelvecchi editore) del 34enne antropologo e docente Pietro Domenico Zavaglia, uscito lo scorso mese di settembre quando le conseguenze delle operazioni giudiziarie a carico di Lucano e delle persone a lui più vicine si potevano solo intuire.
Nel suo attento lavoro di ricerca, Zavaglia, grotterese che vive e lavora a Roma, parte dalle date fondamentali della storia contemporanea di Riace: l’estate del 1972 quando vennero rinvenute le due statue greche subito custodite al museo di Reggio Calabria, e quella del 1998, quando sbarcarono i primi profughi curdi, accolti temporaneamente nella Casa del Pellegrino.
L’autore non si limita alla scarna cronaca dei fatti e al susseguirsi degli eventi, ma cerca e trova connessioni concettuali, culturali e, appunto antropologiche, sulle ragioni che hanno spinto a sviluppare i progetti di accoglienza, e una forma tutta tipica di turismo, col Riace Village che ospita ogni anno centinaia di visitatori attratti da questo modello unico di integrazione e convivenza pacifica tra autoctoni e rifugiati.
Dopo gli approfondimenti condotti, Zavaglia tiene conto delle ragioni e delle posizioni degli avversari politici di Lucano, dei lati positivi della sua attività e di quelli la cui prosecuzione appare inevitabilmente in bilico quando, al di là degli esiti delle iniziative giudiziarie a suo carico, terminerà il suo terzo mandato amministrativo.
Insomma, il saggio di Zavaglia è uno strumento indispensabile per conoscere la realtà di Riace senza per forza di cose essere intruppati nelle opposte tifoserie.
“Bronzi, santi e rifugiati verrà presentato il prossimo 26 dicembre alle 17,30 nello spazio culturale “MAG. La ladra di libri”. Gianluca Albanese dialogherà con l’autore.